Autori: intervista a giulio di sturco

Da Collettivowsp @collettivowsp

(c) Giulio Di Sturco

Giulio Di Sturco è un trentenne fotografo italiano collaboratore dell’agenzia VII (Mentor Program), si divide tra Milano e New Delhi. Pubblica sulle principali testate nazionali ed internazionali. Vincitore nel 2009 del primo premio del World Press Photo nella categoria “Arts and Entertainment“, numerosi altri premi quali il Sony Award e il Premio internacional de Fotografia Humanitaria LUIS VALTUEÑA.

1)Conosci molto bene il sub-cotinente indiano e soprattutto l’India, grazie ai tuoi lavori(the great mother,vertical slum,forgotten people) anche noi ci samo fatti un idea un pò diversa da quella ufficiale o da quella “bolliwodiana”. Secondo te l’India è un gigante dai piedi d’argilla, visti anche i conflitti religiosi e le disparità sociali, o tra poco diverrà realmente una superpotenza?  

E’ dal 2006 che lavoro costantemente nel sub-continente indiano. Nonostante cio’ non posso dire di conoscere bene questa realta: e’ difficile conoscere uno stato come quello indiano con un’estensione geografica immensa e con quasi due miliardi di abitanti! “L’India è mille cose. È liberazione e dannazione, è distruzione e creazione” cosi Tiziano Terzani definiva l’India ed e’ proprio questo che mi affascina di questo paese. L’India è il luogo dove gioia e disperazione, bellezza e squallore si fondono; è il trionfo degli opposti in cui modernizzazione e crescita economica convivono dialetticamente con profonde diseguaglianza sociali, conflitti etnico-religiosi e un intenso sfruttamento ambientale. Credo che la strada che l’India deve percorrere per vincere questa sfida sia gia’ stata indicata dall’economista indiano premio nobel Amartya Sen: non c’e’ crescita senza sviluppo. Il concetto di sviluppo implica che gli effetti positivi della crescita economica devono essere utilizzati, attraverso politiche economiche e sociali, per innalzare gli standard di vita del maggior numero di persone possibili, in particolare di quelle piu indigenti e bisognose, assicurando loro quelle condizioni per poter scegliere l’esistenza che si vuole vivere. Cio’ significa garantire una serie sempre piu’ ampia di diritti sociali, politici ed economici. Solo in questo modo l’India potra’ incarnare un nuovo modello di superpotenza nello scenario internazionale e potra’ evitare di ripetere il triste copione di paesi in grado di accumulare capitale nelle mani di poche lobby politiche ed economiche attraverso lo sfruttamento di ampie fasce della popolazione.

2)Sei sempre riuscito a realizzare i lavori come li immaginavi?

No assolutamente. Penso a diversi casi nella storia della fotografia che c’insegnano quanto questo sia il piu delle volte impossibile, Mi viene in mente l’esempio del maestro Eugene Smith e della sua ossessione creativa per la “realta’” che ci ha lasciato lavori magnifici trascinandolo pero’ in un baratro di autolesionismo ed insoddisfazione. Per quanto mi riguarda, m’impegno ad immaginare il progetto e a stabilire una serie di nodi centrali intorno a cui sviluppare la storia, una volta sul posto pero’ spesso ci si rende conto che la realta’ e’ diversa da quella che ci eravamo immaginati oppure ci sono spesso dei condizionamenti esterni che rendono impossibile realizzare il lavoro cosi com’era nei nostri piani. In quesi casi cio’ che conta e’ la capacita d’interpretare la nuova situazione grazie soprattutto al confronto con le persone che in quella realta vivono e che conoscono da molto tempo.

3)Ti è mai capitato che un tuo lavoro fosse completamente stravolto da come lo avevi pensato e realizzato?

In questi casi come ci si comporta? Devo ammettere di essere stato sempre molto fortunato in questo senso. Il segreto, soprattutto quando di realizzano degli assignments, e’ capire bene cosa ci chiede il committente e cosa si aspetta da noi, ovviamente senza abdicare a delle scelte individuali di stile e composizione. Quando invece lavoro sui dei progetti piu’ personali e a lungo periodo cerco continuamente pareri ed opinioni delle persone che stimo perche’ riescono ad avere uno sguardo piu’ lucido sul mio lavoro anche se la responsabilita’ sulle scelte finali ricade sempre su di me.

4)Nel 2008 hai vinto il primo premio nella categoria “Arts and Entertainment” con la foto di una modella nel backstage di una sfilata a New Delhi. Puoi raccontarci il backstage di quella foto? Cosa accadeva intorno mentre scattavi e perchè hai scelto quella e non un altra foto?

Ho scelto di fotografare il backstage della fashion week indiana perche’ mi piaceva raccontare l’impulso di un paese emergente come l’India ad entrare a far parte di un circuito economico e creativo tipico dell’Occidente riuscendo allo stesso tempo a caratterizzare la propria presenza attraverso espressioni stilistiche peculiari che fanno riferimento alla propria culturale locale. Era un modo per raccontare le dinamiche della globalizzazione partendo dalla moda. Il backstage era il cuore pulsante di tutto l’evento, la fucina creativa dove migliaia di persone lavoravano a pieno ritmo per il risultato finale. Tutti erano senza maschere per cui era piu facile cogliere l’essenza dei soggetti. Lo scatto della modella e’ stata anche una questione di fortuna, di trovarsi nel posto giusto al momento giusto come spesso accade in fotografia. Mi aggiravo per i corridoi e all’improvviso vedo questa splendida modella  che mi viene incontro correndo: era in ritardo e doveva entrare in passerella. Allora ho semplicemente scattato perche’ in quel momento quella modella rappresentava un’immagine di bellezza autentica, non costretta dentro rigide forme e posture ma colta nel divenire della sua quotidianita’

5)Una foto per descrivere il momento particolare che sta vivendo il nostro paese.

In questi ultimi mesi il nostro paese attraversa una fase di cambiamento evidente. L’effetto della crisi economica e il sempre piu’ accentuato distacco della classe dirigente dai bisogni reali del paese hanno coltivato un’insoddisfazione crescente che, se prima si taduceva in un atteggiamento di disillusione e di passiva accettazione dello status quo, ora si va canalizzando in nuove forme costruttive di partecipazione democratica. Per questo, se dovessi scegliere una fotografia che meglio rappresenti il nostro particolare momento storico, sceglierei sicuramente una delle fotografie apparse sui quotidiani nazionali il  30 maggio dopo la vittoria alle elezioni amministrative di Milano di Giuliano Pisapia che mostra Piazza del Duomo invasa dal popolo arancione composto da donne e uomini di generazioni diverse. A Milano sono molto legato perche’ e’ la citta’ che mi ha accolto per diversi anni e dove sono avvenuti  degli incontri significativi per la mia creascita umana e professionale. Inoltre ha un peso specifico importante per l’economia e di conseguenza la politica del nostro paese. Quest’immagine rappresenta per me la speranza nel cambiamento, la ribellione pacifica e democratica di un popolo che sceglie un modello di convivenza alternativo a quello dominante e torna a partecipare attivamente affinche questo possa tradursi in realta’. Ovviamente non credo che tutto questo avverra facilmente, senza ostacoli o delusioni. Credo pero’ che nessuna rivoluzione culturale possa  nascere ed evolversi senza uno slancio ideale e senza la speranza che qualcosa di meglio ci attenda in futuro.


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