Autunnale

Da Blanca Persaltrove

Sta sempre di lato, difficilmente la troverai in mezzo alla stanza, spesso riflette guardando fuori e lo fa con una brama come fosse in gabbia, ma una volta all’esterno non vede l’ora di rientrare, nemmeno gli alberi del giardino la rassicurano, e vive in altalena tra l’andare e il restare.
Le dita aggrovigliate alle maniche sono diafane ma non eleganti, perché torturano in silenzio le pieghe del maglione nero, strappano unghie laccate, cercano rifugi in tasca. Potrebbero essere calme farfalle, quelle mani, e invece somigliano a grossi ragni bianchi aggrappati ad avambracci martoriati.

All’apparenza è la più matura di tutte, ma ho compreso che nasconde la paura di morire, avanza come se fosse certa di non riuscire a sostenere il peso della sua stessa esistenza, è come sospesa.
A volte soffre il freddo, la vedo tremare e rabbrividire vicino al camino ancora spento, ma quando le porgo la coperta bianca la fissa quasi con timore, incerta, tentenna poi rifiuta e resta senza parole. Quando il sole del pomeriggio invece riscalda i vetri, s’infila gli stivali e si avventura sotto il portico e gioca col vento, si toglie gli abiti pesanti e danzando sorride, ma lo fa solo quando pensa di esser sola.
La seguo sempre e la studio, o meglio contemplo, e cerco di non pensare al tempo che rimane. Sembra tante cose ma non ne è nessuna, come una cornice troppo appariscente può adombrare la beltà di un semplice quadro.

Quando non la guardo si appoggia con la schiena al muro bianco, rovescia indietro la testa, intrappola i capelli fra le scapole e parla piano. Muove le labbra ma non sento suono, che canti o preghi non lo posso sapere. Discorre con qualcuno, ride e gesticola, segue col dito il migrare nel cielo. Lei e i suoi segreti.
I suoi capelli, a prima vista color del rame scuro, sembrano svelare un qualcosa che non diresti, e non so descriverli perché sembrano cangianti, dall’oro al viola, e si muovono quando passa e il berretto nero non fa che esaltarne il colore.
Non sono le sue chiome ad attirarmi, ma servono come punto di riferimento per quando si allontana tra gli alberi del grande parco. La seguo senza fretta, solo gli occhi puntati su quel colore a contrasto tra i rami bassi del pino e le grasse siepi di bosso, tra gli aceri immaturi e le ultime foglie verdi dei tigli.
Quel che temo è l’autunno, quando si confonderà tra le foglie e sparirà alla mia vista.