The morns are meeker than they were,
The nuts are getting brown;
The berry’s cheek is plumper,
The rose is out of town
The maple wears a gayer scarf,
The field a scarlet gown.
Lest I should be old-fashioned,
I’ll put a trinket on
Emily Dickinson
Sono più miti le mattine
E più scure diventano le noci
E le bacche hanno un viso più rotondo,
La rosa non è più nella città.
L’acero indossa una sciarpa più gaia,
E la campagna una gonna scarlatta.
Ed anch’io, per non essere antiquata,
Mi metterò un gioiello
(trad. sconosciuto)
A me l’autunno è sempre piaciuto, proprio perchè ci sono nata, a differenza di quello che diceva Jo March.
Piove; c’è nebbia sulla cima dei monti.
La trapunta è di nuovo sul letto, a fare compagnia alle coperte: è troppo presto per il piumino. Anche i vestiti si sovrappongono a strati di cotone su cotone, ammettendo di malavoglia le calzine perchè fa proprio troppo fresco per stare senza ma la lana può aspettare.
La bottiglia dell’acqua è uscita dal frigorifero, il caffè e il tè si bevono caldi, il forno può essere acceso senza paura di scaldare troppo la cucina e così diffonde aromi per casa.
Il rosso qua e là illumina il cupo di queste prime giornate di pioggia e la finestra si riapre, all’apparire del sole.
Ho voglia di casa, di libri, di ore tranquille. Ho voglia di indugiare a letto, al mattino, e di togliermi di torno quelli che mangiano in fretta le giornate.
Ho un lungo inverno davanti, pieno di nuove sfide e di vecchie abitudini: non mi va di corrergli incontro.
Preferisco indugiare sotto le foglie che cambiano colore, davanti allo specchio del lago grigio e avvicinarmi piano, calpestando i ricci e calciare una castagna per farla rotolare davanti a me, lungo il viale, così mi accompagna per un po’.