Autunno sul monte Kum Gang

Creato il 21 ottobre 2013 da Eymerich
"Il monte Kum Gang non si dimentica neppure nel sonno"
[detto coreano]

Autunno sul monte Kum Gang


Abbiamo già avuto modo di parlare positivamente di Mutty in occasione della sua inaugurazione avvenuta lo scorso 22 settembre a Castiglione delle Stiviere. Come avevamo accennato, la partenza prometteva già bene, non solo per l'ottima organizzazione dello spazio, per l'eccellente servizio svolto dalla raffinata caffetteria e dal ricercato Book Shop al piano terra, ricco di proposte letterarie davvero interessanti, ma, inoltre, per il corposissimo carnet di eventi in programma per i prossimi mesi.
Dopo la precedente mostra collettiva su Bruno Munari, organizzata da Corraini Arte Contemporanea Edizioni, che aveva dato il via alle iniziative del Mutty, sabato 19 Ottobre è stata inaugurata una nuova mostra intitolata "Autunno sul monte Kum Gang". Noi di Philartdesign ci siamo stati ed è stata una bellissima esperienza.
La mostra si presenta come uno stimolante scorcio sulla produzione artistica nordcoreana. Le opere proposte sono di difficile reperabilità e sono potute arrivare a far parte di questa mostra grazie al competente lavoro culturale e alla grande sensibilità artistica di Pier Luigi Cecioni, presidente dell'Associazione culturale studi nordcoreani di Firenze, in collaborazione con lo Staff di Mutty, che ha dimostrato la sua perspicacia e la sua passione nel cercare di proporre percorsi culturali non troppo battuti, ma sicuramente di grande importanza artistica e ricchi di spunti di riflessione sul nostro presente.
L'esposizione contiene principalmente due tipologie di opere: alla prima tipologia appartengono i dipinti realizzati con la tradizionale tecnica pittorica denominata "Korean Painting" (di cui parleremo in seguito), mentre la seconda tipologia consiste in una serie di manifesti di propaganda commissionati dal regime e dipinti a mano.
Tutte le opere a china e parte dei manifesti sono stati realizzati dal Mansudae Art Studio di Pyongyang, la capitale della Corea del Nord. Fondato nel 1959 è uno dei più grandi centri di produzione artistica mondiale e, ovviamente, il più importate del Paese. Situato vicino al centro della città, occupa una superficie di 120000 metri quadri e ospita 4000 addetti di cui circa 1000 sono artisti. Il Mansuedae Art Studio ha realizzato quasi tutte le opere ufficiali della nazione comprese quelle monumentali e ha parecchie richieste anche all'estero. Esso è diviso in 13 gruppi creativi, tra cui il più importante è quello del Korean Painting. Altri gruppi sono pittura a olio, scultura, xilografia, poster, arti applicate, design, ricamo mosaico e Jewel Painting, una tecnica tipicamente coreana che utilizza pietre ridotte in polvere. Gli artisti del Mansudae hanno un'età che va dai 23 anni ai 70 e sono quasi tutti laureati alla facoltà delle belle arti di Pyongyang, l'ammissione alla quale è particolarmente difficile. Dopo la laurea solo gli artisti migliori sono invitati ad entrare nel Mansudae, in questo modo viene riconosciuta l'abilità dei singoli e, all'interno di esso, tutti gli addetti godono di uguale dignità. Dal 2006 Il Mansudae Art Studio ha una rappresentanza in Italia e dal 2009 ha anche un bellissimo spazio espositivo nel distretto 798 di Pechino, uno dei quartieri di arte contemporanea più attivo e vivace del mondo.
Passando allo specifico contenuto della mostra, come già accennato, insieme con il dipinto che da il nome all'esposizione, troviamo alcune opere realizzate con la tecnica del Korean Painting, tradizionale pittura a china policroma su carta, che raffigurano paesaggi montuosi. Con la stessa tecnica, a troneggiare su un'ampia parete bianca, troviamo "Giovani che costruiscono una centrale elettrica", l' opera principale della mostra. Questo dipinto di grandi dimensioni (1,75x3,50) raffigura un gruppo di giovani intenti a trascinare, con quella che sembra essere un'enorme slitta, i materiali necessari alla costruzione di una centrale elettrica in una zona montagnosa ed impervia. Il soggetto risulta riferibile al realismo socialista sia nel contenuto che nello stile e si presenta come una celebrazione dell'impegno e della fatica necessari alla costruzione delle infrastrutture per produrre energia, soprattutto in un territorio per l'80% montagnoso come quello nordcoreano.
Sia negli splendidi paesaggi che in quest'ultima opera, si può ammirare l'enorme maestria necessaria alla produzione di opere secondo i dettami stilistici del Korean Painting.
Il Korean Painting viene eseguito tradizionalmente in orizzontale, formato permettendo, somigliando in questo alle calligrafie. Il foglio è steso su un piano rivestito da uno spesso panno morbido e tenuto fermo tramite dei pesi. L'artista lavora su carta asciutta e molto assorbente, i colori sono variamente diluiti in acqua e hanno una gamma abbastanza ristretta, di norma 10 o 15. In questo tipo di pittura è necessaria una destrezza tecnica che non è assimilabile a quella dell'acquerello occidentale, infatti tutto si gioca sulla capacità dell'artista di valutare l'assorbimento del colore da parte della carta e di riuscire quindi a controllarne la stesura e la fluidità. Inoltre è necessario che il pittore abbia un controllo perfetto sulla mano per poter ottenere le tipiche velature cromatiche insieme ad una definizione più marcata e precisa delle figure, quasi miniaturiale. Inutile dire nell'ambito di una simile tecnica pittorica le correzioni e le cancellature sono assai difficili, perciò è necessario meditare a lungo sull'esecuzione e scegliere al meglio carta, pennelli e colori.
L'impatto visivo di questi dipinti è veramente eccezionale. Davanti ai nostri occhi si aprono paesaggi montuosi avvolti dalle nuvole, spuntoni di roccia dove la vegetazione si arrampica maestosa. Il verde, l'arancio e il rosso delle foglie campeggiano sui toni grigi del minerale e sui tenui azzurri-grigiastri del cielo che si insinua tra le frastagliature dei monti. Sono scorci su una natura che ci si presenta come qualcosa di sacro, di svettante, quasi un collegamento tra una dimensione divina e l'arte degli uomini.
Con Pier Luigi Cecioni abbiamo avuto modo di interrogarci sul perchè in Corea la pittura sia così legata alla figuratività a discapito delle evoluzioni più concettuali tipiche della contemporanea arte occidentale che tende invece a rompere gli schemi, a sovraccaricare i suoi prodotti di significati e concetti, a sfociare costantemente nella critica andando spesso oltre il suo aspetto fenomenico, in relazione ad una storia dell'arte che sembra sempre aver bisogno della sua avanguardia per progredire. Parlandone abbiamo evidenziato quanto sia importante per capire un'arte come quella Coreana il ruolo della tradizione, soprattutto quella legata al pensiero confuciano, e l'autonomia di questa rispetto a logiche economiche e di critica tipiche dello sviluppo dell'arte occidentale, ma che è nello stesso tempo, come dice bene Pier Luigi Tazzi, "espressione di una società guidata, controllata e diretta da un'ideologia dominante, il socialismo confuciano di stato, o, più precisamente per l'arte e la cultura in genere, dall'idea di Chuch'e, una sorta di valorizazzione autarchica di un'etica unitaria nel rispetto assoluto del Partito dei lavoratori e dei leader del paese, che detengono il potere". I soggetti dei dipinti sono quindi simili fra loro, la tecnica utilizzata è la stessa, ma questo non è un problema per gli artisti coreani, questo non toglie valore alla loro opera. La copia non è vista come qualcosa di disonorevole, qui non siamo all'interno di quel paradigma mimetico dell'arte occidentale che, da Platone in poi, ha visto l'arte come mera copia della realtà, portandola, dapprima, alla ricerca sulle tecniche di osservazione e all'impianto teorico della prospettiva, fino ad arrivare alla radicale distruzione e decostruzione di quest'ultimo in favore di tendenze che rifiutano la stessa rappresentazione e si aprono all'astratto e al concettuale. In questo contesto, quello coreano, si ha piuttosto a che fare con un continuo far emergere la tradizione, che si conserva e si rinnova nelle espressioni individuali, senza mai perdere la sua unità, senza mai disgregarsi e rompersi. Il tratto individuale degli artisti si applica solamente all'abilità tecnico-artigianale di ognuno di essi, senza investire nè il progetto ideale nè le scelte iconografiche, stabiliti a prescindere dalla volontà individuale.
Su questo punto risulta essere particolarmente esplicativa una dichiarazione di Kim Jong Il, ovvero che "Un quadro dev'essere dipinto in modo tale che l'osservatore possa comprenderne il significato. Se le persone che guardano il quadro non riescono a capirlo, per quanto possa essere dotato l'artista che l'ha dipinto, non si può dire che si tratti di un buon quadro". Da questo intervento si può comprendere quanto sia importante per l'arte coreana essere fruibile da tutti. Deve essere l'espressione di qualcosa che va al di là della volontà individuale e che si radica nell'unità e nell'identità di una nazione stretta intorno alla propria tradizione e al proprio Leader, che non ha conosciuto, come dice Maurizio Riotto, "quel confronto tra le classi sociali, frutto anche del rapido sviluppo economico, che invece ha contraddistinto la recente storia (ad esempio) della Corea del Sud" portando in questo modo a grandi movimenti artistici di contestazione assenti, invece, in Corea del Nord.
Dopo queste considerazioni sulla figuratività della pittura tradizionale nordcoreana, possiamo passare alla descrizione dell'altra tipologia di opere esposte che costituiscono la maggior parte della mostra, ovvero i manifesti.
Tutti dipinti a mano, a tempera e talvolta ad acrilico, i manifesti si possono dividere tematicamente i due macrocategorie: politico/militare e sociale. La loro funzione risulta essere molto chiara, ovvero è quella di diffondere messaggi di varia natura. Questo intento viene sempre espresso attraverso un'immagine di facile comprensione e di grande impatto visivo insieme ad una scritta esortativa, celebrativa o esplicativa, di solito uno slogan retorico e roboante.
Il manifesto è commissionato normalmente da un ente statale ad un artista e una volta approvata viene riprodotta dall'artista stesso e da altri a seconda della quantità desiderata. La riproduzione, venendo fatta a mano, mette in luce differenze stilistiche, anche marcate, tra le varie copie, che quindi, in un certo senso, possono considerarsi opere uniche.
Parlando delle principali tematiche, quella politica/militare è espressa il più delle volte con messaggi che tendono alla critica all'imperialismo degli americani e dei giapponesi, visti rispettivamente come possibili invasori ed ex invasori. E' interessante come, in questo contesto, non si parli mai di attaccare, ma sempre di difendersi. Gli americani sono visti come una minaccia per l'autonomia dello stato, come mostri che si travestono da essere innoqui per poi attaccare con l'inganno e da cui, perciò, è necessario difendersi con la forza (le scritte dei manifesti legati a questo tema, come ci ha fatto notare Cecioni, sono spesso risibilmente truculente ed associabili ad un linguaggio tipico del mondo del fumetto). A questo proposito, secondo noi, è splendidoil manifesto "Non lasciamoci ingannare dai travestimenti degli imperialisti americani", che raffigura un soldato americano, caratterizzato da pelle violacea, unghie lunghissime e occhi demoniaci, intento ad avanzare con un coltello in mano, nascosto da un esile fuscello adornato da frutti rossi, simbolo di pace e bontà. Dal punto di vista visivo risulta davvero eccezionale.
Altra tematica dei manifesti, fortemente collegata all'ambito militare, è sicuramente l'esortazione e la glorificazione dei soldati e delle forze belliche statali. In questi manifesti spiccano i colori della nazione, in particolare il rosso e il blu, inoltre i militari vengono rappresentati come fieri difensori della patria.
Passando alla tematica sociale, si parla per lo più di esortazioni a comportamenti pratici quotidiani, in particolar modo legati al risparmio energetico e all'economia domestica, oppure a seguire le direttive del governo e a tenere un atteggiamento positivo. Altri invece hanno un intento più celebrativo come quelli riguardanti lo sviluppo di nuove tecnologie utili al Paese.
Queste opere, dal punto di vista puramente visivo, sono caratterizzate da immagini tese a colpire la coscienza dello spettatore, dipinte con colori sgarcianti e molto accesi, dove il rosso, che richiama al fuoco, elemento mobile e purificatore che allude alla rivoluzione socialista, è spesso il protagonista a livello cromatico. Il messaggio risulta quasi sempre immediato e alla portata di tutti, anche grazie alle scritte che accompagnano sempre le immagini.
Tra le cose che ci hanno colpito di più, oltre alla costante felicità quasi irreale che alberga in ognuna di queste rappresentazioni, è la presenza della donna come soggetto abituale, soprattutto nei manifesti sociali. La donna, come ci ha confermato Cecioni, ha un ruolo sociale molto importante ed è la destinataria di numerosi compiti, soprattutto, riguardanti le faccende domestiche e la gestione famigliare. Detto ciò è quindi normale che molti manifesti a tematica sociale come quelli sul risparmio dell'acqua, sull'allevamento o sulla itticoltura abbiano come protagoniste proprio le donne.
Per concludere, Autunno sul monte Kum Gang, si configura come un'importantissima occasione per entrare in contatto con un mondo e un'arte profondamente diversa dalla nostra, una mostra che ci fa riflettere, ci chiede espressamente di liberarci dei nostri pregiudizi e di ammirare la maestria e la cultura millenaria di un popolo "eremita", che pur nei suoi difetti e nei suoi problemi, è troppo spesso caricato, come tutte le cose che non si conoscono, di molti aspetti mostruosi e fantasiosi in modo forse un pò artificioso e imprudente. Riconoscere il valore artistico e l'importanza storica di questi artisti vuol dire compiere un atto di onestà intellettuale, riuscire a decentrarsi per un momento dalla nostra visione e riflettere non sono sulla nostra storia dell'arte in corrispondenza con una realtà tanto diversa, ma anche sulle logiche sociali, economiche e politiche che ne accompagnano la produzione.

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