Durante il corso di difesa personale è emersa una variabile psicologica centrale presente nella vita quotidiana: la relazione tra come si agisce e ciò che si pensa di poter perdere.
Di fronte alla possibilità di subire una aggressione fisica feroce la risposta comportamentale immaginata dalla maggior parte delle persone è quella di restare passivi, in quanto una reazione altrettanto violenta può portare alla perdita, momentanea o definitiva, di ciò che, appunto, si ha da perdere.
Spesso chi aggredisce altre persone è colui che non ha niente da perdere, e che pertanto viene visto agire mosso da un impeto primordiale, animalesco, in piena contravvenzione alle norme di convivenza civile normalmente diffuse nella società, tra persone che appunto “hanno qualcosa da perdere“.
Famiglia, denaro, tranquillità, affetti, salute, rispettabilità, lavoro, posizione sociale, libertà. Tutte condizioni che nella nostra società si conquistano in maniera spesso lunga e faticosa, e che una azione al di fuori degli schemi, impovvisa e improvvida, può cancellare in pochi istanti.
Nell’ambito dell’esperienza sportiva, questa paura di perdere (l’incolumità fisica a causa di infortuni, l’ammirazioni di sè e degli amici, dell’allenatore, a causa di una sconfitta) è comune tra gli atleti di sport da combattimento e nelle arti marziali.
La disposizione mentale adatta, da raggiungere sull’onda della tradizione del bushido giapponese, è quella del combattere come se si fosse già sconfitti in partenza, accettando la possibilità della morte, al fine di valorizzare qualsiasi esito del confronto, in primis la sopravvivenza stessa ad esso.
“in linea di massima il fondamento della via del
Samurai è la risoluta accettazione della morte”.Miyamoto Musashi
L’analisi razionale delle motivazioni che condizionano le nostre azioni o che generano situazioni di ansia pre-gara andrebbero analizzate con calma e lucidità perchè è lì che si trovano alcuni dei principali dispositivi mentali atti a favorire la crescita personale.
Il sentimento di paura della perdita va analizzato radicalmente perchè origina dalla paura della morte e ha il potere di rendere la mente stanca e generare una grande perdita di spontaneità e naturalezza nell’azione quotidiana.
D’altro canto, una maggior consapevolezza di ciò che temimo di perdere ci dà risposte su ciò che pensiamo di possedere, su ciò che pensiamo di guadagnare, su ciò a cui ci affidiamo per avere della basi emotive pe il nostro vivere.
La nostra paura di perdere qualcosa è una interrogazione radicale e esistenziale su ciò che siamo e su ciò che temiamo di diventare qualora venisse a mancare qualcosa.
Si può essere liberi avendo paura di perdere ciò che si ha?
Si può essere liberi non avendo più nulla da perdere?
E’ valida la massima “vivi come non avessi nulla da perdere, perchè avrai tutto da guadagnare?”
Possedere ci rende pesanti, paurosi e incerti?