Avventuriero

Creato il 02 marzo 2011 da Renzomazzetti

 Cari vecchi, una volta ancora sento i miei talloni contro il costato di Ronzinante: mi rimetto in cammino col mio scudo al braccio. Sono passati quasi dieci anni da quando vi scrissi un’altra lettera di commiato. A quanto ricordo, mi lamentavo di non essere un miglior soldato e un miglior medico; la seconda cosa ormai non mi interessa, come soldato non sono tanto male. Nulla è cambiato essenzialmente, salvo il fatto che sono molto più cosciente, il mio marxismo si è radicato e depurato. Credo nella lotta armata come unica soluzione per i popoli che lottano per liberarsi, e sono coerente con quello che credo. Molti mi diranno avventuriero, e lo sono; soltanto che lo sono di un tipo differente: di quelli che rischiano la pellaccia per dimostrare le loro verità. Può darsi che questa sia l’ultima volta, la definitiva. Non lo so cerco, ma rientra nel calcolo logico delle probabilità. Se così fosse, eccovi un ultimo abbraccio. Vi ho molto amati, ma non ho saputo esprimere il mio affetto; sono, nelle mie azioni, estremamente drastico, e credo che a volte non abbiate capito. Non era facile capirmi, d’altra parte: credetemi almeno oggi. Ora, una volontà che ho educato con amore d’artista, sosterrà due gambe molli e due polmoni stanchi. Riuscirò. Ricordatevi, ogni tanto, di questo piccolo condottiero del secolo XX. Un bacio a celia, a Roberto, a Juan Martin e a Pototìn, a Beatriz, a tutti. A voi un grande abbraccio di figliol prodigo e ostinato. -ERNESTO-

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FRATELLI, E’ IN SOLITUDINE CHE TROVO LA MIA PACE

Fratelli, è in solitudine che trovo la mia pace,

se dell’Amato mio risuona la presenza.

Fallace è il paragone a cui m’invita

chiunque dalla morte l’amore suo è segnato.

Eterno è il tempo della bellezza sua,

eterna posso oggi contemplarla.

E’ lui la nicchia verso cui mi prostro,

è lui la direzione verso cui mi volgo,

è lui quel taumaturgo che mi salva

nell’attimo in cui muoio d’amore,

nutrita dello stesso desiderio che m’uccide,

delirio che l’anima guarisce.

Fonte di vita che nell’estasi disseta e brucia,

che sola mi condanna al desiderio

di questa solitudine cui anelo.

-Rabi ‘a al-’Adawiyya-

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