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Azienda sociale del Cremonese, dove un voto ne vale 73

Creato il 29 settembre 2015 da Cremonademocratica @paolozignani
Azienda sociale del Cremonese, dove un voto ne vale 73Accade nell'azienda sociale del Cremonese, dove il voto del sindaco di Cremona, o del suo rappresentante, vale 73 volte quanto il voto del sindaco di Pessina. Ci sono amministrazioni che, dopo aver aderito a un'Unione dei Comuni, non sono direttamente rappresentate: sindaci eletti che di fatto nulla decidono delle politiche sociali del loro Comune. Possono partecipare alle decisioni attraverso livelli intermedi, come i sub-ambiti che riuniscono a gruppi i 47 Comuni del distretto cremonese. I sindaci però non si lamentano granché: le proteste vengono dal centrodestra cremonese. Il paradosso ereditato dalle amministrazioni in carica continua: l'attuale presidente, l'assessore cremonese Mauro Platé, in un consiglio d'amministrazione aziendale dove i consiglieri sono ancora i sindaci, ha riavviato l'attività dell'Azienda sociale, dopo un lungo periodo di stasi. Gli effetti della crisi economica sono pesanti e dell'Azienda c'è necessità. I paradossi creati dallo Statuto, in corso di modifica, però restano. Il futuro dell'Azienda sociale potrebbe essere di rilievo, ma si trova - curiosamente - in concorrenza con altri operatori pubblici del settore, come Cremona Solidale, casa di riposo. Il Comune di Cremona, così, eredita una situazione curiosa in cui nel welfare compete con se stesso e cerca di sviluppare comunque le attività.

C'è un Comune il cui voto, anziché uno, vale 73 su un totale di 183: è Cremona. Nell'Azienda sociale del Cremonese il voto di diversi Comuni, come Pessina, Azzanello, Crotta e Cicognolo, vale uno; cinque Comuni, invece, accordandosi tra loro, ottengono la maggioranza e possono decidere per tutti. Allora è finta democrazia, per Luigi Amore della minoranza di Obiettivo Cremona, ma critiche allo statuto dell'Azienda sociale sono arrivate anche da Ferruccio Giovetti, di Forza Italia, che lamenta la mancanza di un diritto di tribuna per i piccoli e l'anomalia con cui l'assemblea elegge direttamente il presidente ancor prima di sapere chi entra nel cda. I centri abitati più rilevanti prendono ogni decisione in un ente pubblico indispensabile, visto che su 47 Comuni soci ben 20 pochi anni fa erano privi di assistente sociale e ne hanno uno grazie all'azienda. Sindaci con le mani legate, allora? Ci pensa l'Azienda consortile distrettuale, fondamentale anche perché gestisce fondi regionali e piani di zona, mette a disposizione fondi per servizi alla disabilità, per l'affido familiare dei minori, servizi agli anziani totalmente non autosufficienti, family card, varie forme di aiuto alle famiglie numerose e altri progetti. L'assessore cremonese Mauro Platé, che è presidente dell'azienda, eredita un'organizzazione discussa. I sindaci infatti sono ancora consiglieri d'amministrazione: le critiche al presunto conflitto d'interessi sono annose. Lo stesso Platé ha avviato una svolta, per non dare la gestione necessariamente ai politici, e un rilancio dell'Azienda strumentale, immobile da tempo e ormai riattivata. Chi protesta, come Amore, era stato presidente distrettuale e assessore di Cremona: concentrazione di poteri che continua dopo il cambio d'amministrazione. La commissione comunale welfare ha esaminato oggi le modifiche allo statuto. Critiche anche da Lìpara del Pd: l'assemblea può sfiduciare ma non revocare i consiglieri. Mauro Platé ha ribattuto che il confronto fra i comuni avviene nei sub-ambiti, che raggruppano gli enti locali. Nell'Azienda sociale Ettore Uccellini rimane direttore generale, per un costo di 65mila euro annui e un compenso di 48mila. Per Luigi Amore il direttore è stato nominato con un criterio mentre lo statuto, modificato, dice tutt'altro.
Per Mauro Platé non ci sono contraddizioni: le occasioni per confrontarsi non mancano e l'iter è stato coerente. Un'altra nomina, intanto, fa discutere.

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