Aziende e Social Media, l’attenzione come moneta di scambio

Creato il 03 marzo 2016 da Cristinasimone @cristinasimone

Il rapporto tra aziende e Social Media è l’argomento principale di questo blog. 4 anni fa abbiamo pubblicato questo post tratto da un’intervista a Brian Solis, esperto riconosciuto a livello mondiale nella Social Business Strategy e Social Media Strategy.

Oggi i Social Network sono diventati parte della vita di chiunque, grazie alla diffusione degli smartphone, e praticamente tutte le aziende – di qualsiasi dimensione – si sono lanciate nel Social Media Marketing. L’aspetto in cui c’è ancora molta carenza è l’utilizzo dei Social Media come strumento per veicolare i valori del brand, rafforzare la brand identity e costruire una relazione con la propria audience, stimolandone il coinvolgimento attraverso le leve emozionali.

Se un’azienda persegue esclusivamente scopi commerciali e non ha valori coi quali le persone possono identificarsi, i Social Media non saranno la scelta giusta: dopo un periodo di test la conclusione sarà “i Social non servono a nulla”. Meglio seguire altre strade del web marketing orientato ai risultati commerciali.

Se invece l’identità del brand si basa su valori più alti, dai quali derivano la vision e la mission aziendale, e di conseguenza l’attività produttiva e commerciale, i Social Media saranno l’ambiente ideale per creare un legame a lungo termine col proprio target di riferimento.

Stefano Cucchi

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L’attenzione come moneta di scambio

Articolo di Erika Verni, 28 febbraio 2012

Ormai ce ne siamo resi conto tutti. Anche il peggiore degli scettici, alla fine ha dovuto cedere. I Social Media hanno inevitabilmente cambiato le nostre abitudini: esperienze online sempre più integrate, dubbi e cadute di stile sul galateo, loghi di Twitter e Facebook che fanno capolino negli spot televisivi. Brian Solis, autore del fortunato “The End of Business asUsual” (John Wiley & Sons, Ottobre 2011), disponibile  in lingua originale, in una recente intervista rilasciata a Ian Greenleigh, fornisce un’illuminante panoramica di questa trasformazione che a suo parere è appena all’inizio.

Come i consumatori usano i Social Media

Ognuno di noi è costantemente sovraesposto alla comunicazione digitale ed è necessario essere sempre più multitasking. Un esempio: troviamo un’informazione interessante in un sito aziendale? Il passo successivo è mettere “Mi piace” sulla Pagina Facebook del brand. Lo facciamo per lasciare un segno di riconoscimento del vantaggio che abbiamo ottenuto, ma anche per rimanere aggiornati e poter ottenere altre informazioni rilevanti. Ecco i siti aziendali sono sempre più integrati con Facebook.

Nonostante questo fenomeno coinvolga oltre 2 milioni e mezzo di siti aziendali, Solis non lo ritiene sbalorditivo in sé. La novità sta nel comportamento del nuovo consumatore mediale, alla ricerca di un’esperienza sempre più integrata. Una persona in grado di influenzare e al tempo stesso di essere influenzato dai propri pari. Sul piano digitale il contesto diventa sovrano, ma l’attenzione non deve essere data per scontata. Essa diventa una moneta di scambio. Si deve guadagnare e si deve spendere.

Prima di creare un contenuto è fondamentale tener conto del contesto relazionale. Oltre a conoscere il nostro lettore e il pubblico che vogliamo raggiungere, bisogna comprendere le leve di innesco emozionali, vere chiavi dell’attenzione online, che conducono direttamente ad un’eterna alleata: la rilevanza. In poche parole, il nostro contenuto si guadagnerà l’attenzione dell’utente se e solo se verrà considerato rilevante, quindi in linea con le proprie aspettative e i propri bisogni. E’ su questo che si deve concentrare chi crea e produce contenuti da condividere online.

Il brand online

La vera opportunità per le aziende consiste nel ripensare la propria presenza online nell’ottica di un consumo condiviso. Per esempio, le imprese sanno che cosa si aspettano i clienti? Sanno che cosa valutano? Conoscere queste risposte aiuta i brand a intraprendere un processo di trasformazione. Divenire sempre più persone e sempre meno marche. Oggetti sociali. Epicentri di interesse e affinità. Tuttavia non basta umanizzare il prodotto. Vanno ripensate Mission, Vision e Value proposition per essere più significativi e  connettere tra loro i consumatori globali.

In questo senso le statistiche disponibili per qualsiasi pagina Facebook sono incredibilmente rivelatrici degli interessi e dei comportamenti dei propri fan. Oltre alle variabili demografiche (età, genere, reddito, livello d’istruzione ecc.) che ci aiutano ad analizzare il nostro target, possiamo analizzare i fattori psicografici e analizzare gli utenti sulla base degli interessi e dei comportamenti.

Possiamo così andare ben oltre l’analisi degli acquisti online:possiamo sapere che cosa le persone condividono, che cosa attrae la loro attenzione e che cosa stimola l’interazione. Il peggior errore che fanno oggi le imprese è misurare il loro grado di influenza online sulla base del numero di “Mi piace”. Un “like” o un numero non sono affatto rappresentativi. La definizione comunemente accettata per “influenza”, ben prima dell’avvento dei social, è “la capacità di causare un effetto o cambiare un comportamento” e la si misura in questi termini: la nostra azione ha effettivamente causato un effetto o  ha cambiato comportamento? Quali, nello specifico?

Social Media e customer engagement

Ecco alcuni semplici step che le aziende possono seguire partendo dall’osservazione dei contesti nei quali prende forma l’opinione online:

  1. Valutare l’effetto o il comportamento che vorrebbero causare o cambiare.
  2. Capire gli stati d’animo da cui partire.
  3. Identificare le persone più adatte a fare da ponte per raggiungere gli utenti ai quali intendono rivolgersi.
  4. Dare valore agli influencer e alle persone con cui sono connessi.
  5. Monitorare costantemente le conversazioni che nascono e apportare miglioramenti in tempo reale.

Social Media e valori del brand

I social network sono terre di emozioni. Molte persone vogliono ritrovare i propri valori nei prodotti che amano. Inoltre i Social Media consentono di legare i consumatori al proprio brand per due ragioni:

  1. le piattaforme social sono frequentati dalla maggior parte della popolazione
  2. l’azienda le utilizza per trasferire ai consumatori i valori che stanno ricercando.

Il capitalismo filantropico non ha nulla a che fare con i Social Media. Ha a che fare con le giuste cause. Ad esempio, l’azienda americana Toms vende scarpe alle persone che a loro volta diventano stakeholders che donano un paio di scarpe a un bambino in difficoltà. Per l’azienda è rimunerativo. Ma va comunicato.

I Social Media portano alla luce queste storie e le loro emozioni, facendole arrivare alle persone, che sono stimolate a condividerle. I clienti perciò non comprano Toms perché sono le migliori scarpe sul mercato, ma perché ritengono di essere loro stessi delle persone migliori quando le indossano.

È il concetto chiave del marketing emozionale: compro per poter indossare quel valore. Il cliente deve riconoscersi nei valori che l’azienda promuove, prima ancora di capire se il prodotto può fare al caso suo.

La sintesi del pensiero di Brian Solis, è questa: fare qualcosa di buono e interessante non è solo un obiettivo, ma il presupposto per comunicarlo.

Per saperne di più
Intervista a Brian Solis su Bazaarvoice.com