C’era una volta un gatto che, stanco di indossare i suoi stivali, si mise ad andare in giro per il bosco a piedi scalzi.
Un giorno, mentre vagava per la foresta di Gevaudan, incontrò un coniglio azzurro, che saltellò verso di lui si presentò e gli disse: ‘Io sono il coniglio bianco, e invece di bere il tè, ogni giorno alle cinque bevo una bottiglia intera di succoalla pesca’.
‘Beh in questo siamo uguali- rispose il gatto -pensa che un tempo tutti mi chiamavano Gatto con gli stivali, perché non potevo fare a meno delle mie enormi calzature; poi un giorno ho deciso di provare a camminare senza, e mi sono accorto che stavo meglio’.
‘Quindi anche tu, come me, hai provato a cambiare le tue abitudini, i tuoi stereotipi… – disse l’Azzurro-coniglio- e allora possiamo diventare amici!’.
‘Sì- rispose un po’ malinconico il gatto- solo che io ero affezioanto al mio nome; mi piaceva sentire la gente che mi chiamava ‘Gatto con gli stivali’, era così altisonante, come se fosse stato un titolo nobiliare per me; ne andavo fiero. Ora però, devi sapere che la gente mi chiama solo e semplicemente ‘gatto’. Io pensavo che sarei stato chiamato ‘Gatto dai piedi scalzi’ e così avrei mantenuto un po’ della mia antica nobiltà, anche se non ho più gli stivali con me come segno distintivo’.
‘Beh la gente… la gente è così- disse il coniglio azzurro- considera cosa è successo anche a me: io ho rinunciato al té e ho perso l’amicizia del Cappellaio; e poi… e poi ero stanco di essere chiamato Bianco-coniglio, e sono andato dal Camaleonte a farmi fare un po’ di colore col pennarello. Ho sempre amato l’azzurro, e azzurro ora sono. E mi sento bene. Così, se prima ero il Bianco-coniglio, ora per la gente sono solo un coniglio pazzo, quasi un caso pietoso; glielo leggo negli occhi ogni volta, lo leggo negli occhi delle mamme quando un bambino mi passa accanto e mi indica dicendo ‘Guarda mamma, un coniglio strano’. E la mamma lo corregge ‘E’ un coniglio azzurro’. E così dicendo lo trascina lontano da me, come se avesse ribrezzo.
La morale della favola insegnerebbe che la diversità fa sempre paura. Ma nel finale della storia che è rimasto nella mia biro ci sono due amici un tantino strampalati che rinunciando a ciò che l’abitudine aveva loro attribuito, ritrovarono se stessi e trovarono un nuovo amico.
L’abitudine, si sa, fa l’uomo cieco. La stravaganza, si sa, è sempre segnata a dito. Ma se vi aggirate nel bosco di Gevaudan, troverete il Gatto dai piedi scalzi e l’Azzurro-coniglio che vivono insieme incredibili avventure;e se avete il coraggio e la pazienza di fermarvi un attimo ad ascoltarli, vi racconteranno di quanto il mondo abbia davvero bisogno di loro.