Babadook: Chi ha Paura dell’Uomo Nero?

Creato il 07 luglio 2015 da Dietrolequinte @DlqMagazine

"Arriva l'uomo nero e ti porta via...". Generazioni di bambini sono state terrorizzate da questo oscuro individuo pronto a rapire e a far sparire nel nulla coloro che non si comportavano bene. Un'antica leggenda che affonda le sue radici nella mitologia scandinava; un efficace metodo usato da schiere di genitori per gestire figli turbolenti; una leggenda metropolitana nata, cresciuta a nutrita nelle sottoculture di tutto il mondo e declinata in forme e costumi differenti in base all'etnìa di origine (spesso l'infernale creatura è stranamente di sesso femminile come, ad esempio, nel caso della spettrale donna delle nevi giapponese, l'Okionna, oppure della terribile Baba Jaga russa dalle sembianze di strega).

Il cinema, forte della sua connaturata e antica capacità di evocare spettri e visioni terrificanti (come nelle fantasmagorie del XVIII secolo), ha più volte utilizzato il personaggio proponendolo nei modi più disparati: ad esempio, non dimentichiamo il terribile Freddy Krueger, mostro del sonno di Nightmare - Dal profondo della notte (1984) di Wes Craven, la malefica fata dentina di Al calare delle tenebre (2003) di Jonathan Liebesman e la didascalica (e discutibile) presenza di Boogeyman - L'uomo nero (2005) di Stephen Kay.

Ma la sinistra figura che ritroviamo in Babadook, film scritto e diretto da Jennifer Kent, è qualcosa di molto diverso. Babadook è un nome terrificante, una presenza scaturita dal più oscuro e puro terrore infantile, Babadook è quello scricchiolio che tutti i bambini sentono la notte sotto le coperte, ben sapendo che nella loro cameretta non può esserci nessuno ma in fondo convinti che qualcosa non va. Questo il genere di terrore che prova anche il piccolo Samuel, il quale, a sei anni dalla tragica morte violenta del padre, incomincia a sviluppare un'indicibile fobia per il vasto mondo dei mostri immaginari pronti a ghermirlo durante le solitarie ore notturne. Amelia, la madre di Samuel, pur preoccupata, crede di dover soltanto gestire un figlio altamente problematico, ma inizia a comprendere che qualcosa di strano sta accadendo dopo che il ragazzino porta a casa uno strano libro di fiabe intitolato The Babadook, un racconto apparentemente simile alle comuni narrazioni per bambini ma che assume presto le tinte di una storia dell'orrore. Cercando di disfarsi in ogni modo del volume e vedendoselo inspiegabilmente ritornare indietro in maniere alquanto bizzarre, la donna si rende conto che un essere oscuro e malvagio è entrato a far parte delle loro esistenze, un essere che sembra rintanato nella buia cantina della loro abitazione.

Mai avrei pensato che un paese come l'Australia, noto nel mondo per i lungometraggi psichedelico-musicali di Baz Luhrmann e le opere in stile hollywoodiano di Peter Weir, potesse dare alla luce un film dalle tinte così macabre e oscure, un lavoro che ha il coraggio di far deflagrare le normali connotazioni dell'horror puro per dare alla luce una storia avvincente che parte dalle premesse (apparentemente) classiche del genere per virare verso i toni di una vera e propria fiaba nera degna delle narrazioni perturbanti dei fratelli Grimm.

Jennifer Kent, regista dal fulmineo quanto indiscutibile talento, trascina lo spettatore indifeso in un vero e proprio incubo che sembra ancorato alle paure ancestrali di ogni bambino privato della sua luce notturna, un vero e proprio lavoro di regressione mentale che porta il povero fruitore a ritornare nel buio della propria cameretta d'infanzia aspettando che la voce terribile del Babadook (quale nome più evocativo!) faccia sentire le sue rauche note nella notte. La pellicola riesce efficacemente a provocare non pochi brividi, soprattutto limitando l'uso (forse inutile) della computer grafica al solo finale, che per tale motivo risulta alquanto deludente rispetto al prodotto nel suo insieme, e decidendo di giocare per oltre i tre quarti della vicenda con la saggia filosofia del vedo-non vedo; dunque, un processo di suggestione ben sostenuto da una fotografia desaturata e opaca che sembra dare consistenza all'incubo perennemente presente e che riesce a sostenere una narrazione ritmata e che non sbaglia un colpo. È la presenza del Babadook ad essere evocata e ad angosciare veramente, una voce opaca e terribile che sembra provenire direttamente dall'interno del misterioso libro ornato con disegni inquietanti degni di Roland Topor, una voce roca e sgradevole che si dipana da ogni angolo buio, pronta a ghermire i due indifesi personaggi.

Molto interessante a livello narrativo è, inoltre, il richiamo diretto agli schemi della fiaba, un rimando più che esplicito al contenuto adulto e disturbante, nemmeno troppo subliminale, dei racconti d'infanzia, retaggio di un'antica cultura dove i mostri erano gli unici che potessero inconsciamente inculcare nelle menti degli infanti una paura fisiologica e necessaria al rispetto delle regole. Un genitore legge un libro di fiabe al proprio bambino che di fronte a certe tematiche può rimanere turbato o addirittura spaventarsi, ma siamo poi così sicuri che gli adulti, pur ostentando sicurezza, non provino anch'essi un sottile brivido di terrore?

Essie Davis, attrice australiana cresciuta in teatro e già presente in alcune grandi produzioni come Matrix Reloaded (2003), Matrix Revolutions (2003) e Australia (2008), si presta al difficile compito di dare volto e anima ad una madre di mezz'età costretta a combattere su tre fronti sovrapposti: i comportamenti violenti del figlio; l'incredulità della gente; un'oscura forza malefica a cui non riesce nemmeno a credere appieno. Il giovane esordiente Noah Wiseman si trova, invece, nei panni di un terrorizzato ed irrequieto bambino che convive con la materializzazione del suo incubo peggiore: un uomo nero in carne ed ossa che non sembra avere buone intenzioni.

Malgrado il finale, come gia detto, si trovi a franare letteralmente su sé stesso, rivelando forse l'incapacità di riuscire a traghettare integra fino in fondo una storia raccontata con rara maestrìa e di grande impatto senza ricorrere ad un epilogo dalle tinte patetiche, il film nel suo complesso riesce nella titanica impresa di rinvigorire e presentare efficacemente l'ennesimo tema orroroso. Un lungometraggio pronto a cadere nel gorgo dei numerosi prodotti di genere, ma che si presenta fiero e compatto alla prova di un pubblico che sicuramente lo apprezzerà, quantomeno per i brividi che esso è in grado di provocare. Preparatevi a non dormire, almeno non dopo aver visto Babadook, preparatevi ad accucciarvi al fianco di vostro figlio, e magari come lui non abbiate vergogna di lasciare una piccola luce accesa nella stanza!


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