L’accento grottesco è di certo la barriera che separa i due film, se in The House of the Devil la serietà è mortifera e catacombale, in Babysitter Wanted la leggerezza iniziale e la sterzata nella parte conclusiva lo distaccano parecchio da quell’aura di eleganza infernale, mettendolo più al servizio di una logorroica brutalità.Come il titolo suggerisce, Angie accetta una lavoro da babysitter per il piccolo Sam, uno strano ragazzino che veste sempre da cowboy. La confezione è confortevole, la famiglia Stanton pare dolce e premurosa, la paga è buona, e favorevole coincidenza vuole che Angie abbia appena trovato un ragazzo gentile e simpatico. Le cose ovviamente non vanno così bene, a partire dallo stalkeraggio che Angie subisce da inizio film con un taglio massiccio che fa presagire un’ovvia minaccia incombente, per quanto poi la direzione si sposti in maniera stramba e imprevedibile pur mantenendo sempre quella bella esposizione narrativa che è davvero motore portante del film.
Il grottesco viene vomitato con il prolisso egoncentrismo di mr. Stanton, il momento esatto in cui il film cambia faccia si avverte anche per questo precisa inversione narrativa, i dialoghi diventano sproloqui nella miglior tradizione slasher/survival, la violenza prorompe con secchiate di sangue, viscere e amputazioni di vario tipo, e il gioco del gatto e del topo assume connotati ben diversi dalla tradizione horror, con un villain insolito e riuscito. A non funzionare è la scelta, forse necessaria per evidenti carenze di budget ma tendo a pensare più che altro voluta per sottolineare e intensificare la vera natura del film, di suoni e rumori in concomitanza delle varie efferatezze che ricordano più la Troma che un prodotto dagli intenti quantomeno seri: pur diretto sempre con gusto educato e sinuoso, la seconda parte di Babysitter Wanted è tutta uno splop, sblurb, sciaf e quant’altro si possa creare distorcendo e ridicolizzando quel suono che si può associare alla carne. Anche lo score è invadente, rimarca con sviolinate e toni alzati di colpo i momenti più tesi e le classiche boo-scenes quando l’ambientazione rurale e il puzzo di zolfo erano da soli più che sufficienti a far salire l’inquietudine. Ma al di là di una ahimè buffa artificiosità dovuta all’inesperienza e agli sprazzi di amatorialità che emergono (la figura del prete), l’energia di Babysitter Wanted è ancora forte e dovrebbe essere d’esempio a molto cinema low-fi dei giorni nostri.