Uno smeraldo selvaggio, dal verde intenso e pulsante, colorato in chiaroscuro da ombre che hanno qualcosa di misterioso e primordiale.
Questo smeraldo è la natura cupa ed intensa che popola lo stato federale di Washington.
Siamo al confine con il Canada, con le sue sconfinate foreste dell'ovest, e il cielo è spesso grigio, quasi a voler sottolineare in maniera intensa, totalizzante, la bellezza drammatica del paesaggio.
E' una natura ancestrale, che non conosce mezze misure, che sa di amore e rabbia, di malinconia pungente, di vita forse crudele eppure bellissima.
Una natura che le antiche leggende dei Nativi pellerossa hanno voluto popolare di licantropi e altre creature combattute fra l'istintualità animale e la consapevolezza umana - quelle stesse creature che poi sono diventate idoli delle teenagers tramite una famosa saga rosa a tinte fosche ambientata da queste parti.
E lo sono diventate amando rabbiosamente, senza limiti, di un amore totalizzante e non corrisposto - drammatico, di un dolore bellissimo come questo smeraldo selvaggio.
Per avere un assaggio del verde ancestrale e mozzafiato di questo angolo nord-ovest degli Stati Uniti, prendo il traghetto che dal Pier 52 di Seattle porta a Bainbridge Island.
La fan girl che risiede silente in me strepita "Lo stesso traghetto che si vede sempre in Grey's Anatomy!!" - ma in realtà non è un pensiero particolarmente confortante, dal momento che, in Grey's Anatomy, questo traghetto ha incidenti tragici una stagione sì ed una no.
Il mio viaggio comunque procede liscio e tranquillo: guardo dal pontile lo skyline del porto che si allontana, con la ruota panoramica ed il dito affusolato dello Space Needle in lontananza - prima lasciandomi trasportare dai pensieri e poi affogandoli in mezzo al mare scuro, lasciandoli navigare via e godendomi solo il momento, il qui ed ora, la brezza fredda che mi punge sotto gli abiti troppo estivi e il cielo color piombo che serve come sfondo per enfatizzare la bellezza della malinconia.
Sull'isola c'è una sola strada principale, attorno alla quale si concentrano tutti i negozi ed i locali.
Sono tutte case a graticcio di legno bianco, dalle linee essenziali e con vasi di fiori appesi sotto i porticati.
Il cielo cupo comincia a piangere pioggia, e io inizio a girarli tutti, con la speranza che smetta.
Indugio nella libreria a due piani con la moquette e le poltrone di vimini imbottite; frugo negli angoli nel negozio di vintage dove con la padrona ci mettiamo a parlare dei nostri rispettivi gatti neri.
Pranzo in un pub con una clam chowder degna del New England.
I singhiozzi del cielo si fanno più radi.
Mi spingo fino al porto, lungo il pontile di legno scivoloso, circondato da sculture stilizzate fatte con dei massi grigi e lisci. Sembrano giochi di un bambino ingranditi - e le loro forme tonde, stilizzate fanno un curioso contrasto con i lineamenti affilati, l'aria cupa del paesaggio circostante.
E mi immagino questo gigante-bambino che vive solo su questo smeraldo selvaggio, facendo sculture con i sassi e raccontandosi fiabe con lupi e principesse.
Sotto al pontile la bassa marea lascia scoperte altre pietre levigate, incastonate nella melma e strette a qualche alga arruffata. Qua e là - conchiglie a pettine grandi il doppio rispetto alle nostre. Faran parte della collezione del gigante-bambino.
Guardo le barche che beccheggiano sull'acqua grigia, guardo il bosco verde e buio che si affaccia sul mare - e penso che vorrei esplorarlo, che vorrei conoscere un po' di più il cuore di questo smeraldo selvaggio.
Ma il cielo ricomincia a piangere più forte.
Mi stringo nel mio golfino di cotone.
Le mie scarpe di tela sono completamente inzuppate e me ne torno al traghetto.
Lascio il gigante-bambino con i suoi sassi e le sue conchiglie.
Guardo lo smeraldo selvaggio che si allontana lungo la linea grigia dell'orizzonte - lentamente, inevitabilmente.
Forse un giorno potrò conoscere meglio il suo cuore.
Mi piace pensarlo, anche se forse non succederà...