Balvano 1944
Un disastro ignorato
di Alessandro Tuzza
Uno dei motivi della mia indagine, uno dei fattori che più mi ha indotto in questa indagine decennale sul disastro del treno 8017, in Balvano, è stato quello di scoprire non solo perché questo incredibile incidente ferroviario avvenne, ma anche, e soprattutto, perché nel corso degli anni e dei decenni si calò sull’incidente stesso un incredibile e sorprendente oblio.
Era l’anno 1944, forse il peggior anno della storia dell’Italia post-unitaria. In effetti nel 1944 non esisteva neanche l’Italia: esistevano due nazioni nelle quali, dietro governi formalmente italiani, in realtà agivano e comandavano eserciti e nazioni straniere. Nell’Italia meridionale c’era il regno del sud di Vittorio Emanuele III e del suo capo di governo Pietro Badoglio, che tentavano di continuare, di dare una continuità istituzionale al Regno d’Italia dopo la fuga del 9 settembre a Brindisi. Nell’Italia centro-settentrionale invece c’era la Repubblica Sociale di Benito Mussolini, alleata con i nazisti di Hitler.
Nell’Italia meridionale, nonostante il passaggio del fronte bellico, la situazione era gravissima, soprattutto quella alimentare. Così, dai primi mesi del 1943, dalla zona del napoletano e anche dalla provincia di Salerno, persone con ogni mezzo di trasporto, preferibilmente assaltando i treni, anche quelli merci, si recavano negli agri della Calabria, della Basilicata e della Puglia, in cerca di generi alimentari. Con l’arrivo degli Alleati questa specie di commercio, questa specie di baratto di sussistenza, in realtà ebbe una grossa evoluzione perché nella zona di Napoli era facile approvvigionarsi, in maniera anche illecita, di materiali di ogni genere che poi venivano barattati appunto con i generi alimentari della zona della Basilicata, della Puglia e della Calabria.
Ci fu l’intervento della polizia militare alleata, molto violento, a base di colpi di sfollagente e anche di colpi di mitra alla stazione di Battipaglia, ma ciò non impedì che, pochi minuti dopo la mezzanotte del 3 marzo 1944, il treno 8017 entrasse in stazione a Balvano, carico di più di 600 persone. Il treno era partito da Napoli in trazione elettrica ma a Salerno era avvenuto un mutamento decisivo, in quanto la linea non elettrificata necessitava della trazione a vapore. E qui si concretizzò un elemento decisivo per la costituzione della tragedia perché, per motivi mai spiegati, vennero utilizzate non una ma due locomotive a vapore e, del tutto incongruamente, queste due locomotive a vapore vennero posizionate ambedue in testa al treno 8017.
Nonostante il treno stesso fosse molto lungo e la linea molto tortuosa e in salita, e nonostante il fatto che, non solo le prescrizioni della regolamentazione ferroviaria, ma la logica e il buon senso imponessero, in quelle condizioni, di utilizzare la cosiddetta “trazione simmetrica” con una macchia a vapore in testa e l’altra in coda. Cinquanta minuti dopo la mezzanotte del 3 marzo 1944 il treno 8017 si mosse dalla stazione di Balvano: era composto di 45 carri e, appunto, di due locomotive in testa. La successiva stazione di Bella-Muro si trovava a meno di otto chilometri da quella di Balvano, e il treno 8017 avrebbe dovuto impiegare un tempo oscillante tra i venti minuti e gli ottanta minuti per raggiungere la stazione di Bella-Muro.
Seicento persone rimasero inerti mentre le due locomotive continuarono a eruttare gas venefici dalle loro ciminiere. Il destino di questo oltre seicento persone era inevitabilmente segnato. Ma cosa accadde dunque, dopo che il treno 8017 si fermò improvvisamente all’interno della galleria delle armi?
Finalmente, dopo più di sessanta anni possiamo ricostruire tutti gli eventi. Questo grazie agli atti della segretissima indagine della commissione alleata, commissione che venne costituita immediatamente dopo l’incidente e che svolse delle approfondite indagini, ascoltando anche molti testimoni oculari dell’incidente. Gli atti di questa inchiesta fino a poco tempo fa erano appunto segretissimi, e solo dopo la loro desecretazione è stato possibile consultarli, e chi vi parla per la prima volta ha potuto analizzarli e acquisirli. Una cosa emerge in maniera molto chiara dalla lettura di questi atti e da una analisi incrociata di tutti gli eventi e di tutti i documenti: le responsabilità di quanto accadde al treno 8017 il 3 marzo 1944 sono molto chiare, però è altrettanto chiaro che nonostante queste responsabilità fossero evidenti non ci fu alcuna volontà di perseguire i reali responsabili di questo disastro.
L’inchiesta del procuratore del Re di Potenza identificò quale unico responsabile il carbone fornito dagli alleati: evidentemente non era così. Però ci fu ancora una volta chi, nonostante l’inerzia delle istituzioni, non si dette per vinto. I parenti di alcune delle vittime attivarono contenzioni civili presso il tribunale di Napoli e, dopo una vicenda ultraventennale in cui non mancarono ancora una volta episodi sconcertanti, ricevettero un indennizzo assai modesto.