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“Bambini in città”/”I bambibi e noi. La fatica”. Retrospettiva su Luigi Comencini (Visioni Fuori Raccordo 2010)

Creato il 15 novembre 2010 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

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La retrospettiva di venerdì 12 novembre della quarta edizione del Visioni Fuori Raccordo Film Festival è stata dedicata ai bambini con la proiezione di due documentari, realizzati dal grande regista Luigi Comencini: Bambini in città (1946) e I bambini e noi. La fatica (1970).

Il rapporto di Luigi Comencini con i bambini è stato speciale fin dal suo esordio, con La novelletta (1937) e poi con Bambini in città (1946). L’infanzia è stata centro del suo interesse, sia come documentarista che come ammiratore dell’istintività, purezza e spirito di adattamento dei bambini.

Bambini in città è un documentario che è stato girato al termine della seconda guerra mondiale, nelle strade di Milano devastate dai bombardamenti.

Comencini denuncia l’urbanistica della città, dove evidentemente non c’era spazio per i bambini, che usavano luoghi industriali per giocare. Nonostante tutto, però, dalla pellicola emergono la gioia e l’innato ottimismo dei bambini che si adattano a ogni situazione pur di divertirsi insieme.

L’altro documentario presentato è stato I Bambini e noi, il quale segna una tappa cruciale del lavoro di Luigi Comencini, che realizza per la Rai un’inchiesta televisiva in sei capitoli sulle condizioni di vita dei minori e delle loro famiglie: un reportage geniale e illuminante, mandato in onda nell’ottobre 1970.

Nella puntata La fatica, il regista si concentra sullo sfruttamento del lavoro minorile a Napoli, attraverso una serie d’interviste a piccoli lavoratori che, già a otto, nove anni, erano impiegati in vetrerie, bar, officine. Bambini costretti dalla famiglia, troppo numerosa, a lasciare la scuola e a lavorare anche più di otto ore, senza assicurazione e senza diritti.

Così Comencini intervista un bimbo vetraio, un bimbo che lavora in una fabbrica di scarpe e che ha un dito amputato a causa di un incedente sul lavoro (ovviamente senza aver ricevuto alcuna indennità), un bimbo fabbro, un bimbo meccanico. Ciò che emerge da questa intervista è la mentalità assolutamente retrograda delle famiglie di allora. I dati parlano chiaro: nel 1966, a Napoli, 2250 bambini  lavoravano come un operaio adulto, e il 22% degli alunni in prima elementare ripeteva più volte l’anno, a causa delle bocciature. Ovviamente l’ignoranza porta alla delinquenza, per questo la maggior parte dei piccoli operai ha il destino inevitabilmente segnato: la galera.

Liberare i bambini dalle gabbie in cui sono costretti è uno degli intenti principali di Luigi Comenicini, che si rivolge loro in maniera molto diretta, apparentemente brusca, ma sempre molto franca. Non finge di porsi al loro livello, di immedesimarsi nella loro realtà, ma cerca di rendere tutto comprensibile e chiaro.

Valentina Calabrese


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