Sintomo della leggerezza con la quale il Parlamento italiano recepisce le direttive dei burocrati eterodiretti della Commissione Europea, sono le parole di assoluta sorpresa con le quali il Governo ha reagito alle sacrosante proteste dei risparmiatori che non accennano a spegnersi, rimproverando addirittura ai media di travisare la vicenda. Buggerati dalle quattro banche andate fallite: Banca Marche, Banca Etruria, CariChieti e CariFerrara; traditi dagli organi di vigilanza; abbandonati dal Governo, i risparmiatori hanno visto azzerate le loro poche certezze dalla doppia morale europea che dapprima ha permesso il salvataggio delle banche tedesche, spagnole, irlandesi e portoghesi coi soldi anche del debito pubblico italiano messo a disposizione da Monti, infine hanno visto definitivamente svanire l’ultimo appiglio quello del fondo interbancario, con la lettera riservata della Commissione UE al Tesoro che interdice anche ad una istituzione privata, di sostituirsi allo Stato e ristorare i malcapitati. Ebbene, quelle tristi facce da pensionati che abbiamo visto issare cartelli di protesta in piazza ed arrancare per l’artrosi nel salire sui treni e portarsi a Roma sotto le finestre di Banca d’Italia, non sarebbero risparmiatori a giudizio del nostro ministro dell’economia Padoan, ma dei populisti finanziari, degli agitatori di onesti mercati, degli anti europeisti che difendono la loro rendita di posizione e non si curano dell’interesse generale. Il mondo alla rovescia. Padoan, Visco, Vegas, se avessero avuto almeno il pudore di tacere, forse avrebbero evitato alle Istituzioni del paese di screditarsi ancor di più agli occhi dei cittadini comuni perché se c’è una cosa chiara in questa torbida vicenda di banche, è che l’Italia non ha più sovranità reale. I contenuti ed i toni di quest’ultima lettera, come già la precedente recapitata nel 2011 a Tremonti dalla BCE con il decalogo delle riforme da implementare, provano che il potere di decidere il destino del popolo italiano è stato ceduto in favore di una oligarchia sovranazionale che agisce per conto di interessi economico-finanziari in un sistema rigido di controlli, ideato e costruito per costringere nell’orbita gravitazionale i paesi le cui spinte centrifughe potrebbero determinare con maggiori possibilità di riuscita, la traslazione del baricentro di aggregazione. La rigidità di alcuni paesi ci sta costando troppo, ammette Padoan, le ricadute sociali ed economiche di alcune scelte, superano i benefici che il nostro paese trae dall’adesione alla Unione Europea. Immigrazione e politica energetica, si sono sommate ai penalizzanti stress test cui sono state sottoposte le nostre banche, al rinvio della “bad bank” per assorbire i crediti deteriorati, allo stop imposto dalla Commissione all’intervento del fondo interbancario nel salvataggio delle banche, alla sospensione del giudizio di approvazione della nostra Legge di Stabilità. Non vorremmo che la Germania, confida Padoan, pensasse che per azzerare il rischio, prima di completare l’Unione Bancaria con la previsione di una garanzia comune sui depositi, si debba aspettare il fallimento delle banche in affanno ignorando che il pericolo di contagio in simili circostanze coinvolge tutti, come dimostrato dal fallimento di Lehman Brother. La Merkel non vuole discutere sui giornali ed aspetta Renzi a Berlino per un chiarimento. Sulle politiche energetiche, sa di non avere validi argomenti per convincere l’Italia che si oppone, perché cade in contraddizione con la recente decisione di rinnovare le sanzioni alla Russia. Il raddoppio del gasdotto infatti, è un problema di politica interna per i tedeschi. Sono stati i socialdemocratici ad incontrare direttamente Putin e chiudere l’accordo. Non a caso il vecchio Schoeder è consulente del Cremlino per la materia, a proposito di conflitto d’interessi. Sulla Unione Bancaria invece, la Merkel ha più ragioni da calare al tavolo per rintuzzare le accuse di Renzi. L’Italia chiede flessibilità di bilancio e contemporaneamente mutualizzazione del risparmio. A parere tedesco, una condizione dovrebbe escludere l’altra perché è rischioso concedere garanzie sui depositi ad un paese che ha un debito enorme al di sopra del 130% del PIL e che non accenna a calare. Le banche italiane hanno circa 360 miliardi di crediti in sofferenza. Molte piccole banche, dopo i fallimenti delle quattro banche dell’Italia centrale, accusano gravi difficoltà nel piazzare titoli ai risparmiatori evidentemente intimoriti dalle soluzioni che si sono volute applicare ed a Bruxelles, nelle stanze della Commissione comincia a farsi strada la voce che il sistema bancario italiano ha bisogno di una cura da cavallo sul modello di
quello spagnolo. Per il 2016, la trojka è in agguato. Non c’è da stare allegri, le conseguenze sono quelle che abbiamo ben conosciuto con la Grecia, il Portogallo, la Spagna in ultimo.