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Banda larghissima: Welcome to United States of Google

Da Pinobruno

L’ha spuntata Kansas City, ma altre millecento città statunitensi si sono candidate alla banda larghissima – 1 GB/s, cioè 100 volte più veloce di quella oggi a disposizione dell’americano medio – proposta da Google. Nella città del Kansas il servizio sarà attivo già l’anno prossimo, ma scalpitano, protestano, rivendicano trattamento analogo una miriade di altre località del paese. 1100 richieste ufficiali delle amministrazioni locali e 194mila domande di singoli cittadini. L’esperimento di Google per rivoluzionare la rete, proposto anche alla Casa Bianca, ha superato ogni aspettativa.

Banda larghissima: Welcome to United States of Google

Chi vuole la banda larghissima alzi la mano...

Ai delusi per l’esclusione, Google risponde che “oggi è l’inizio, non la fine del progetto. Nei prossimi mesi, prenderemo contatto le altre città interessate per verificare la possibilità di portare anche a loro la nostra banda larghissima”.

La multinazionale digitale sta in un certo senso forzando la mano alla Federal Communications Commission, per rendere più incisivo il Piano nazionale per la banda larga. Come a dire, vedete quanta richiesta c’è dal paese? Se non vi sbrigate, facciamo noi.

Welcome to United States of Google, scrive sarcastico Robert X. Cringely su InfoWorld. “E ‘abbastanza chiaro che questo è il paese di Google, non ci resta che viverci”.

L’altra faccia della medaglia – ne parla lo stesso Cringely – è il rischio per la cosiddetta Net Neutrality, cioè la garanzia che tutti i contenuti di Internet vengano forniti senza discriminazioni di contenuto, origine o mittente. Se Google fa la sua rete, darà poi la precedenza – nell’instradare il traffico – ai prodotti, servizi, contenuti aziendali, a scapito di quelli dei competitor?

D’altronde, se i governi non si muovono i privati si fanno avanti e i pericoli per la neutralità aumentano. Da tempo la Commissione europea ha annunciato un libro bianco sull’argomento, ma ci sono continui rinvii a causa delle pressioni delle lobby delle telecomunicazioni, del cinema e della musica.


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