Banksy: caccia al tesoro nella Grande Mela ARSENALE CREATIVO
Arte o vandalismo? È questo il dilemma. Eppure Banksy, forse il più famoso artista inglese di street art, nei suoi stencils capaci di offrire quel tocco singolare e poetico, lascia davvero pochi dubbi. Solo un mese fa con la sua raffinata verve polemica, giorno per giorno, dall’1 al 31 ottobre, colorava i muri newyorkesi di immagini e scritte cariche d’ironia e contestazione verso quelle realtà su cui spesso si preferisce sorvolare. Ed ecco dunque ricomparire i suoi temi preferiti: ratti, cani, palloncini rossi a forma di cuore che sembrano voler volar via, scritte critiche, senza dimenticare le sue pause poetiche.
Fuori è dove l’arte dovrebbe vivere: in mezzo a noi. La street art non è una moda passeggera. Forse le ultime migliaia di anni di storia dell’arte sono state un’interruzione, quando l’arte è stata messa al chiuso, al servizio della chiesa e delle istituzioni. Ma l’arte appartiene di diritto ai muri delle caverne delle nostre comunità, dove può essere un servizio pubblico, provocare discussioni, dare voce alle preoccupazioni, formare le identità.
Nonostante l’identità dell’artista si nasconda ancora sotto lo pseudonimo di Banksy, da tempo la sua fama è ormai mondiale. Nella sua permanenza a New York molti dicono di averlo visto, chissà. Quel che è certo è che Banksy ha salutato New York nel giorno di Halloween con la scritta “Thanks for your patience. It’s been fun. Save 5pointz. Bye” con cui saluta invitando a salvare il complesso industriale a Long Island nel quartiere Queens noto a molti in quanto ospitante migliaia di graffiti di artisti di tutto il mondo e che rischia di essere demolito per la costruzione di diversi grattacieli. Forse il suo messaggio non basterà per salvare il 5pointz, ma intanto è stato capace di oltrepassare l’oceano facendo recapitare la notizia fin qui. E finché Banksy riuscirà a stupirci e sorprenderci con le sue opere, il suo fine ultimo sarà compiuto.
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