Un nuovo Rossese di Dolceacqua si affaccia nel panorama vinicolo nazionale. E’ Barbadirame il nuovo nato della cooperativa riviera dei fiori che nel 2007 ha lanciato la linea Maixei, termine in dialetto che indica i muretti a secco che si trovano sulle fasce . Il nome è già importante perchè è un omaggio a Mario Raimondo, in arte Barbadirame, artista, pittore e scultore che visse nella cittadine ligure. Uno dei suoi maestri Pablo Picasso, disse di lui: “Parlare di giovani pittori non è mia abitudine. Il pittore italiano ‘Raimondo’ che nel suo villaggio si chiama ‘Bardadirame’, lo vedo come un pittore vero, serio, come i lavoratori della sua terra. Esso implementa le sue opere con sicurezza e semplicità di mezzi. Le pareti di pietra della stagione e tronchi di questi alberi del Mediterraneo, hanno la stessa umanità dei loro agricoltori, anche l’eternità, uno che conta”.
Il Barbadirame ha sicuramente un nome importante e per questo la cooperativa ha voluto abbinare al Rossese una permanenza in legno, barriques di secondo passaggio. L’uva Rossese, rigorosamente raccolta a mano ( anche se è inutile specificare in quanto in queste terre la raccolta meccanizzata è impossibile) proviene dai vigneti dei soci della cooperativa nelle valli Verbone e Nervia.
La fermentazione avviene a temperatura controllata (30°C) in vasche di acciaio inox e condotta da lieviti selezionati . Durante la macerazione (6-8 giorni), più lunga rispetto alla versione classica, il mosto-vino viene seguito mediante analisi chimiche ed organolettiche e sulla massa in fermentazione vengono eseguite operazioni (rimontaggi e delestage) che consentono di ottimizzare l’estrazione di colore e corpo.
Affinamento e fermentazione malolattica in barriques di secondo passaggio scelte appositamente dal nostro enologo presso prestigiose aziende. Il vino viene messo in bottiglia unicamente quando viene ritenuto pronto. La messa in commercio non può precedere il primo novembre successivo alla vendemmia.
Il vino sarà presentato domani alle 15 a Dolceacqua . Sono curioso di vedere il risultato di questa presentazione : cioè di “scoprire” il prodotto, in quanto sono sempre scettico a riguardo dell’utilizzo del legno con il Rossese. Alcuni produttori hanno intrapreso questa strada con risultati diversi, alcuni onestamente ottimi, ma a mio avviso il Rossese è un’uva che esprime una sinergia straordinaria con il terroir dove vive e perchè allora mascherarlo od aiutarlo con piccoli maquillage di legno? Alcuni vigneti sono riconoscibilissimi anche in una degustazione alla cieca in quanto esprimo profumi che sono facilmente riconducibili all’origine del terroir.Piuttosto lascerei parlare i terroir diversi che i soci della cooperativa coltivano, magari dando un’impronta più naturale e cominciando ad utilizzare i lieviti indigeni, che caratterizzano in positivo il vino. La tendenza internazionale è ormai quella di orientarsi verso vini veri, che rispecchiano completamente il terroir dove vengono prodotti. Nel corso della mia ultima partecipazione al Decanter World Wine Awards questo argomento era spesso oggetto di dibattito insieme agli altri giudici internazionali, in quanto si ricercavano , appunto, vini con uno stretto legame al territorio dove sono prodotti; in poche parole vini veri.
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