Barbarie industiale e denominazioni varietali

Da Trentinowine
 

Provo a mettere in ordine alcuni pensieri sparsi che mi sono girati in testa questa mattina. Sul blog dell’ottimo Stefano Tesi, Alta Fedeltà, leggo un bel reportage dalla Valle di Cembra. A metà fra il racconto giornalistico, la narrazione poetica e lo sguardo curioso di chi cerca di capire cosa stia accadendo, e cosa sia accaduto, fra i terrazzamenti di Müller Thurgau e le devastanti cave di pietra che lacerano il paesaggio della vallata. Pare di capire, procedendo nella lettura, che l’autore, che pure di queste cose se ne intende, non sia stato particolarmente impressionato dai Müller di questa valle “troppo bassa per essere montagna e troppo alta per essere collina”. Qualche giorno fa assistevo, in disparte, ad un dialogo segnato dall’amarezza fra un paio di viticoltori trentini, non cembrani, circa la produzione e la collocazione sul mercato del loro Müller di montagna. Li ho ascoltati ragionare sui prezzi, sul posizionamento, sui costi di produzione dell’uva a medie altitudini. Convenivano sul fatto che oggi, questo è un prodotto sottostimato dai prezzi industriali. Sul mercato internazionale e su quello nazionale, il Müller trentino a denominazione arriva al consumatore finale a prezzi davvero low (vedi la foto a fianco scatttata un paio di giorni fa).

Se ne deduce che le denominazioni locali, Doc e Igt, non riescono più, ammesso ci siano mai riuscite, a veicolare un valore aggiunto, il  territorio, riconoscibile e riconosciuto nella strutturazione del prezzo finale. Quindi cosa fare? Espiantare. Questa è stata la conclusione, amara, a cui sono arrivati i due viticoltori: espiantare i vigneti avviati solo una decina di anni fa. E convertire a produzioni con maggiore appeal commerciale. I tempi lenti dell’agricoltura artigianale fanno a pugni con i ritmi e le mutevoli richieste del mercato industriale. Ma questa non è una novità. Emerge, invece, un altro tema. Che attiene più da vicino alle politiche agricole adottate in Trentino, all’uso funzionale che in Trentino si è fatto delle denominazioni varietali che hanno offuscato, e svalutato, l’origine territoriale. La contraddizione, temo stia tutta qui; nell’aver funzionalizzato produzioni inevitabilmente artigianali, come inevitabilmente è la viticoltura trentina, alla barbarie del mercato industriale globalizzato. Indifferente, per sua natura, al volore della territorialità.