Barbie-Pusher

Da Danielevecchiotti @danivecchiotti

Passando una serata estiva in una trendissima discoteca genovese, io, ultratrentenne in navigazione verso i quaranta, non ho potuto fare a meno di stupirmi nel vedere come, tra i fighetti da pista da ballo tutti atteggiati a tronisti, sia diventata incredibilmente cool la mania per la conquista del travestito.
Non più attratto per ragioni anagrafiche dalla musica assordante e dall’incalzante ritmo de la noche, per tutto il tempo non ho potuto fare a meno di tenere gli occhi fissi sull’angolino in cui imberbi maschi in abiti femminili sorseggiavano l’immancabile cocktail con ombrellino, ricevendo le visite di una nutritissima schiera di virili corteggiatori altrettanto giovani, in agguerrita competizione tra loro per guadagnarsi le attenzioni di una a caso tra le belle imparruccate.
Era passato almeno un lustro dall’ultima volta in cui avevo messo piede in un locale notturno, ed evidentemente deve essermi sfuggito qualcosa, un generale cambiamento del gusto sessuale maschile, o per lo meno delle mode che sempre regolano il gallocedronismo da bar.
All’epoca mia le donne più gettonate, quelle che valevano più punti nella scala del tombeur-de-femmes, erano le lolite in stile “Non è la Rai”. Oggi a quanto pare, va più di moda il modello Ru Paul.
La mia amica Clodette, convinta da anni che gli eterosessuali siano una razza in rapida via di estinzione e che “al mondo siamo tutti bisessuali, omosessuali a parte” avrebbe di che gioire e, stappando una bottiglia di gazzosa, brinderebbe alla lampante prova che le sue teorie sul destino gay dell’umanità (con le quali io mi sono sempre detto in totale disaccordo) siano ormai inconfutabili.
Adesso a rincarar la dose ci si mette pure la cronaca criminale.
Campeggia infatti oggi sulle prime pagine di tutti i quotidiani del mondo la notizia dell’arresto di uno dei più potenti boss del narcotraffico a livello internazionale, il messicano Edgar Valdez Villarreal, luogotenente per il Cartello Beltrán-Leyva, ricercato da anni e considerato talmente pericoloso da avere addosso una taglia da 2 milioni di dollari. Ebbene… il terribile malvivente, uomo senza scrupoli, leader di un giro losco d’affari a nove zeri, e temutissimo nell’ambiente, era soprannominato in amicizia “La Barbie”.
Qui Clodette farebbe saltare un’altra gretta della Seven-Up, perché una volta i cattivi della malavita avevano soprannomi come “O’ Dobberman”, “Sandokan”, “U lupu”, e invece, a quanto pare, anche in questo settore la moda è cambiata, e nel farsi affibbiare dei nicknames i gangster preferiscono puntare sui loro occhioni blu e sulla loro carnagione di luna.
Ai miei tempi, uno spietato killer avrebbe sgozzato a morsi chiunque avesse osato rivolgersi a lui con un nomignolo più adatto a Leopoldo Mastelloni, ma evidentemente Clodette ha ragione da vendere.
E chissà che, in un prossimo futuro, questa tendenza alla transgenderizzazione del tutto non prenda il sopravvento. Immagino rapinatori che irromperanno nei centri estetici con un kalashnikov in mano gridando a gran voce “O la ceretta o la vita”. Vedo il mercato della cocaina sparire soppiantato da quello delle protesi per la mastoplastica. Ipotizzo la nascita di traffici illegali di ombretti e ciglia finte. E, come nel finale ipertrash di un orrido legal-musical, penso a Dell’Utri che, con la complicità del marito della Santanchè, cambia sesso, si fa chiamare Marcella e, interrogato dai giudici sul tema delle collusioni tra politica e mafia, prende il microfono e intona una canzone, continuando a giurare che “Nessuno, mai”.
Perché potrà anche cambiare il mondo, rovesciarsi la sessualità globale, ma l’anima farabutta della classe dirigente italiana rimarrà sempre identica a se stessa.


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