Sentirsi mancare l’acqua sotto i piedi. Per qualcuno può essere così. Il mare come agognata dimora, come luogo ideale, come rifugio dalla terraferma.
È il caso di Valerio, venticinquenne e studente della provincia milanese. Lui lo skipper lo fa per passione durante la pausa estiva dagli studi. Almeno per ora. L’amore per la barca a vela nasce durante le scuole medie, in età molto giovane, durante alcune vacanze estive. Poi un’esperienza con il WWF insieme ad altri ragazzi, poi ancora con il centro velico Horca Myseria, presso l’isola della Maddalena, dove raggiunge il brevetto di aiuto istruttore a sedici anni e, più avanti, quello di istruttore.
Corsi, esperienze in mare, divertimento. Cresce, quasi inconsciamente, la consapevolezza di una passione.
“La barca a vela ha la capacità di tirare fuori chi sei, è un’esperienza che fa cadere gli schemi, dove è possibile creare legami fortissimi anche nel giro di pochi giorni – racconta Valerio – non a caso la barca a vela viene soprannominata campeggio nautico. La vita che si conduce a bordo è assolutamente spartana, lo spirito di adattamento è fondamentale. Il comune pensiero su una vacanza in barca corrisponde ad immagini stereotipate legate al dolce far nulla, sdraiati a prendere il sole con un cocktail in mano. La barca a vela si distanzia assolutamente da questa idea. Stretta convivenza con chi naviga con te, con cui collaborare diventa irrinunciabile per la buona riuscita della vacanza. Empatia è la parola chiave.”
Quali sono le responsabilità di uno skipper a bordo?
“Le difficoltà durante la navigazione esistono, inutile negarlo. Le parole che sintetizzano ciò che intendo sono due: responsabilità, sicurezza. Uno Skipper deve sempre tenerle in mente, con tutte le accortezze che ne conseguono, per condurre al meglio la barca e per trasmettere serenità all’equipaggio, il che è fondamentale. Il rapporto di fiducia è tutto. Un altro aspetto rilevante è la costante valutazione delle condizioni meteo. È sempre bene avere un piano B, nel caso in cui il tempo peggiori, per non essere sprovveduti sulla rotta più sicura da seguire.”
“Il contraltare – continua Valerio, soffermandosi ora sugli aspetti più positivi – è eccezionale e riguarda i privilegi che la barca a vela sa regalare. Albe, tramonti, scorci unici in quanto privilegiato è il punto di vista. Tutto è più magico se visto da lì. Il contatto col mare mi fa sentire fortunato. Ed è un aspetto che ritrovo nelle considerazioni di chi, anche alla prima esperienza in barca a vela, ne parla una volta rientrati a casa. Si rivela sempre un’esperienza indimenticabile. Tocchi la natura con mano, vivendo il mare con rispetto. E vivi un’esperienza di forte empatia con i componenti dell’equipaggio, perché in fondo la barca ti dà molto tempo per socializzare, cosa che non può che arricchire”.
La differenza tra barca a vela e barche a motore appare evidente: “La barca a vela rispetta il mare. Godersi il viaggio grazie alla dipendenza dal vento è la filosofia alla base di questo tipo di mezzo. Andare piano, andare lontano. In modo del tutto ecologico, il rispetto ambientale passa in primo piano”.
Incuriosita dagli occhi sognanti del mio interlocutore al parlare della barca a vela, decido di chiedergli tre concetti che vengano suscitati in lui: “Libertà, sentirsi vivi, stupore”. Non contenta e ancor più incuriosita, lo incalzo chiedendone altri tre, più legati alla percezione dei sensi: “Odore di sale sulla pelle, vento tra i capelli, la piacevole instabilità del continuo ondeggiare, rumore dei grilli – Valerio mi spiega che questo è il nome in gergo comune per indicare delle parti terminali di cavi metallici, che fanno un rumore simile al verso del grillo quando il vento batte forte durante la navigazione.”
Uomo e natura sanno allacciare legami inscindibili. Con rispetto e dedizione. Grazie a Valerio, per averci svelato la simbiosi, in chiave ecologica, tra lui e il mare.