Prima di arrivare a Barichara, come ho già raccontato qui, ho vissuto una disavventura da viaggio notevole. RImanerci quasi secchi in mezzo alle montagne della Colombia è decisamente una cosa memorabile, ma col senno di poi quello che mi dispiace di più è non ave potuto fare rafting-canyoning-canopy-parapendio.
Siamo ripartiti con un bus la mattina dopo, dopo un giretto in città, che non è bellissima ma neanche male.
San Gil è la tappa obbligata per arrivare a Barichara, perché tutti gli autobus finiscono nella stazione principale di questa cittadina (è proprio nel centro città): e da lì partono bus ogni 15 minuti in diverse direzioni, quindi non sono necessarie prenotazione o orari di partenza rigidi.
Dopo circa un'oretta di bus, arriviamo a Barichara, scaricati direttamente nella piazza principale. Una sensazione strana ma suggestiva: il tempo, su queste strade di ciottoli, sembra essersi fermato.
E' tutto un saliscendi di vie dalle case bianche e i mattoni a vista, di porte che si aprono su cortili interni spartani e bellissimi. Ogni cosa ti costringe a rallentare i ritmi.
Anche il solo fatto che devi faticare sulla strada per raggiungere ogni posto ti rallenta il passo, e ti detta un ritmo che nella vita normale non esiste più.
Nella piazza principale si affaccia una caffetteria dalle porte enormi e spalancate, le sedie di ferro come si trovano ancora in qualche bar di paese dimenticato nelle colline italiane e la specialità è il succo - il loro Jugo, che in realtà è un frullato fatto con acqua o latte, ghiaccio e frutta - di mora. E le paste non sono un granchè. Ma l'ambiente è buono, i gelati costosissimi ma super.
Abbiamo dormito in una guest House chiamata La Pajarera, dove non c'è wifi ma puoi metterti su un'amaca e fare la doccia guardando le montagne, perché c'è proprio un buco, non una finestra che guarda fuori.
E tu sei lì, a goderti il panorama stupendo e pensi che il wifi, forse, è meglio che non ci sia (e comunque c'è nella piazza principale, gratis). Tiri giù la zanzariera che fa da baldacchino sul letto, prendi coscienza di quanto tu sia lontano da casa e ti chiedi se era così, viaggiare 20 anni fa.
Il silenzio forzato di internet e del telefono ti impongono di guardarti in giro più di quanto tu no faccia di solito, e dopo le prime ore a cercare disperatamente un segnale, un QUALSIASI segnale, ti arrendi al 1960 che regna sovrano.
E lì comincia il bello.
Paradossalmente ho ripreso le forze facendo una camminata di circa 9 km sotto il sole - sciogliendo le gambe e la paura di vivere tutto il resto del viaggio come un peso morto - sul "Camino Real de Guane" un percorso che, appunto, si snoda da Barichara al microscopico paesino di Guane (se si sta in piedi nella piazza centrale... In pratica si vede tutto!), celebre per essere parte vecchio Camino de Herradura che attraversava la campagna di Girón, nei pressi di Bucaramanga fino ad arrivare a Barrancabermeja sulle rive del Río Magdalena (cito wikipedia "È sede della più grande raffineria di petrolio del paese"... Quindi non proprio il giardino fiorito della Colombia) e per essere stato costruito dagli originari indigeni guane, ricostruito nel 1864 e risistemato recentemente.
Per fortuna che questi chilometri erano tutti in discesa ed accompagnati da un paesaggio mozzafiato.
E un incontro che rasentava la follia.
[piccola digressione] Mentre sul bus mi rotolavo sui sedili in preda ad atroci dolori, un ragazzo un po' freak e un mullet meraviglioso scappato da una serie tv anni '90, mi chiede se sto bene. Capisce che sono italiana e sfodera tutte le sue ottime conoscenze della lingua. Scesi dal bus si preoccupa per me, ci cede il taxi a San Gil e ci saluta affettuosamente.
Sul cammino di Guane lo reincontriamo, con gioia ci scambiamo grandi saluti e scopriamo che è un artista, che viene dal cuore del New Mexico in un paesino vicino a Santa Fe che abbiamo visitato nel coast to coast 2012. Nelle sue parole, un accento italiano strano.
Sul cammino di Guane, nel mezzo delle montagne della Colombia, incontriamo uno che viene da un villaggio di artistoidi del New Mexico in cui abbiamo deciso di fermarci durante il nostro viaggio, e che fino a pochi mesi fa viveva a 10 km da casa nostra, nel piccolo comune di Sarmato, e ha imparato un italiano delle campagne piacentine con termini come "gabola" ed intercalari grezzi e local. Quando si dice che è piccolo il mondo non è mai abbastanza. Quando penso alle incredibili curiosità che ti regalano i viaggi, mi sembra che a volte rasentino la follia.
Tornando a Barichara...
Il paese è un piccolo gioiello, che mantiene ancora buone dosi di originalità: un almuerzo (pranzo) mangiato al ristorantino "La Casona", per esempio, è pace dei sensi e confort food fornito per pochi pesos, che regala anche l'esperienza di qualcosa di assolutamente insolito e buono: una specie di carne secca, ma cotta poi in padella. Calorie a parte, era deliziosa.
Semplicità, bellezza.
Il tempo sospeso in cui , nelle vie della città, le donne stanno sedute sui gradini davanti alle porte di casa, nel parchetto centrale gli anziani si godono l'ombra, noi mangiamo gelati al cocco e dulce de leche come se non facessero ingrassare.
Abbiamo passato la serata chiacchierando con i proprietari del delizioso B&B La Pajarera sugli stereotipi della Colombia che vanno a braccetto con quelli sull'Italia, mentre intanto noi siamo chiuse in quattro mura in cui respirare meraviglia.
Il bus che ci porta nell'altro celebre paesino, Villa de Leyva, fa stop a San Gil, dove poi si può prendere un altro bus che in circa 3 ore e mezza ti porta a destinazione. E anche qui c'è il wifi.
Ecco, magari lo stop con i militari armati fino ai denti che ti fanno scendere dal bus e ti controllano il passaporto mentre sei schiena al mezzo su cui viaggi... Beh, quello l'avrei evitato, anche per il mio semplice problema di catastrofobia: nella mia testa si stava già palesando uno scenario apocalittico in cui uno era su quel bus perchè stava trafficando valigie di cocaina e alla vista dei gendarmi si mette a scappare, loro sparano, uno sbaglia e colpisce me e muoio pronunciando parole che la gente avrebbe poi usato come citazione nei diari e il mio blog avrebbe così fatto più contatti della gazzetta dello sport.
Niente di tutto questo: gentili ed educati hanno controllato la nazionalità, la scadenza del passaporto, hanno ringraziato tutti per la disponibilità e ciao. Fine del film.
Comunuque sia, Villa De Leyva è bella, bellissima.
La piazza centrale, Plaza Mayor, è enorme: un gigantesco spiazzo decorato ai lati da palazzi perfettamente restaurati e locali in cui bere una birra bavarese o mangiare una buonissima empanada.
E' ricca di ristoranti, caffè, panetterie francesi (davvero buona la Pasteleria Francesa): se volete dedicarvi una cena non economica ma deliziosa scegliete il Mercado Municipal (che un mercato non è, ma è un ristorante lussuosetto che merita una tappa anche solo per un GRANDIOSO frappè!), piccoli musei visitabili, negozietti con artigianato e prodotti tradizionali e curiosità da regalare.
La (gratuita) e carinissima casa museo di Antonio NARIÑO (uno dei padri della rivoluzione colombiana), nasconde un giardino dove potersi goder il silenzio che ha come sottofondo solo il racconto delle appassionate guide. Poco lontano il profumo di enpanadas e il rumore di qualche carretto che ancora passa per le vie cittadine.
Un dipinto immacolato e sospeso di una cittadina coloniale dalla bellezza unica.
TUtto perfetto. Forse troppo perfetto.
Se devo scegliere tra le due mi trovo in difficoltà: una è rustica e antica, l'altra è un gioiello di bellezza rara.
Forse sceglierei l'autenticità di Barichara, anche perchè i prezzi sono ancora contenuti e si trovano ancora posti davvero per local. Voi cosa scegliereste?