Si tratta certamente di una vittoria scontata, insipida in confronto ai palcoscenici in cui il varesino è solito strappare applausi ed entrare in scena quando la strada inizia a salire. E' però un successo che denota grinta e determinazione: sete di gloria, anche nelle corse minori, in cui altri Big veleggiano tranquilli a centro gruppo: con superficialità, saccenza e arroganza. Dimostra che Basso ha voglia di cancellare il Tour sciagurato, ha voglia di correre e di vincere, in un 2010 in cui le luci dei riflettori sui suoi palcosenici abituali sono ormai spente. Lui è rimasto sul palco però, in gruppo, e la sua presenza e competitività in questi avvenimenti sono un buon segnale; altri corridori dopo gli appuntamenti importanti spariscono o appaiono svogliati, pigri, apparentemente semza stimoli, anche in corse prestigiose; come se avessero fatto il loro dovere e più di quello non servisse fare. Per citare un esempio A.Schleck alla San Sebastian si è ritirato prematuramente nonostante fosse finito il Tour da 5 giorni. Vedere invece il vincitore del Giro correre sulle sue strade e vincere è un segnale positivo; soprattutto mentalmente. Per lui naturalmente niente Vuelta, tiferà Nibali e Liquigas da casa avvolto nella sua coperta rosa, ma il finale di stagione è tutto tranne che ozioso per Basso. C'è la Coppa Agostoni; in ottica mondiale poi, se in forma, potrebbe rientrare nei piani di Bettini per fare un certo tipo di lavoro, e a fine stagione c'è il Lombardia: l'anno scorso chiuso al 13° posto.
Insomma Ivan Basso, che in maggio è tornato a vincere al Giro d'Italia, riconquistandosi fiducia e affetto degli appassionati, continua virtualmete a vestire quella maglia rosa che lo ha riconsacrato campione vincente, campione umano, capace di sbagliarsi e cadere: vedi Tour de France, ma assai incline al sapersi rialzare velocemente. Per il momento simbolicamente, ma tanto basta per ritrovare il sorriso.