Basta con la disinformazione del DPA sulla Cannabis e su chi ne fa uso!

Creato il 19 agosto 2013 da Stampalternativa

Ci risiamo. In tempi di evidente crisi politico-istituzionale, sbattere in prima pagina il “mostro Cannabis”, e criminalizzarne i consumatori, è la tecnica preferita per distrarre e depistare i milioni di italiani già soffocati dall’afa estiva. In questi giorni il tam-tam mediatico si concentra sui presunti danni e pericoli “dell’erba proibita”, stavolta in occasione della relazione presentata dal Dipartimento Politiche Antidroga al Parlamento: il consumo di tutte le sostanze illegali registra una diminuzione, ma l’allarme reale riguarderebbe esclusivamente l’uso di Cannabis, sempre più consumata da giovani (e meno giovani) del Paese. Né manca l’accoppiata con un altro “mostro” della nostra epoca, quell’Internet che nonostante tutto fa sempre notizia perché, ovvio, facilita ogni forma di drepavazione.
Il Dott. Serpelloni definisce la Rete «nuova via dello spaccio… strada principale per le droghe», dove si troverebbe di tutto senza problemi: Cannabis, cocaina, cannabinoidi sintetici, mefredone, piperazine, e chi più ne ha più ne metta. Oggi esisterebbero 800.000 siti web (su certi giornali si parla addirittura di «8 milioni di pagine collegate a vendita e promozione di Cannabis») che “spacciano” alla rinfusa e senza alcun controllo (leggasi: repressione poliziesca) ogni sostanza illegale, inclusa Cannabis, sementi e materiale per coltivarla, o che comunque promuovono informazioni di vario tipo sul tema.
Queste non sono che le ultime bugie di una massiccia campagna oscurantista e persecutoria attuata da sempre dal DPA a sostegno del proibizionismo e della disastrosa legge Fini-Giovanardi, legge che ignora completamente la volontà popolare espressa nel referendum del 1993 che chiedeva la depanalizzazione del consumo per uso personale e che fu vinto con ben il 52% dei consensi. Dove si omette di specificare, per esempio, che la stragrande maggioranza di questi siti web in realtà non vende alcunché, bensì promuove contro-informazione, rilancia notizie sull’uso terapeutico e sulla ricerca scientifica, avvia forme di impegno civile contro quella legge che sbatte in galera decine di migliaia di persone l’anno per un crimine inesistente (l’uso personale). E dove tante di quelle pagine online illustrano gli utilizzi di questa pianta millenaria nei più disparati settori industriali (alimentare, bio-edilizia, tessile, moda, cosmetici, energetico, medicinale) e come concreta opportunità di stimolo a livello imprenditoriale e occupazionale, oltre alle sue dirette influenze su cultura, usi e costumi della popolazione mondiale fin dalla notte dei tempi.
Ancora: mettere nell’unico calderone delle “sostanze illegali”, con annesso approccio da zero tolerance, sia le droghe leggere che quelle pesanti è anti-scientifico e irresponsabile, come anche criminalizzare chi fa uso delle prime per i motivi più disparati. Tra i quali non vanno certo dimenticati quanti l’assumono per patologie e condizioni mediche altrimenti incurabili: in Italia sono circa un centinaio i pazienti “ufficiali” che seguono le attuali normative iper-restrittive e costose (costringendo gli altri malati a ricorrere all’autocoltivazione e/o al mercato nero, fino a qualche migliaio di cittadini). E dove si tralascia di chiarire che, al contrario delle suddette sostenze illegali, gli studi scientifici hanno più volte confermato che la Cannabis non crea dipendenza o assuefazione, per cui basterebbe allentare il proibizionismo su questa pianta per registrare immediatamente una diminuzione nei consumi. Lo confermano fra l’altro le politiche in vigore da anni in molti Paesi, tra cui Olanda e soprattutto Stati Uniti, dove in oltre 20 stati la marijuana terapeutica è legalmente accessibile e regolamentata, mentre a inizio 2014 gli stati di Washington e Colorado inizieranno a fare lo stesso per l’uso ricreativo – in entrambi i casi, con enormi benefici per la collettività (minore criminalità diffusa, polizia libera di seguire questioni più importanti, tasse statali che danno una grossa mano ai bilanci in rosso, ecc.).
Tutte queste informazioni, comprovate dai dati sul campo e dalle opinioni di esperti nei rispettivi settori, sono facilmente verificabili sia su Internet sia in quotate pubblicazioni scientifiche, come l’inglese Lancet, dove la Cannabis compare sempre all’ultimo posto nelle tabelle annuali sulla pericolosità/tossicità delle sostanze psicotrope. Peccato però che il DPA e il Dott. Serpelloni continuino a far finta di ignorarle, preferendo invece distrarre gli italiani con una disinformazione analoga a quella di 40 anni fa. Il variegato fronte antiproibizionista continuerà però a fare contro-informazione su tutti i fronti, opponendosi a quest’ennesimo tentativo oscurantista e anti-storico, che vorrebbe punire milioni di consumatori per un reato che non esiste e criminalizzare una pianta (e una cultura) la cui storia è profondamente interconnessa con quella dell’umanità intera – e che merita di essere apprezzata per le sue molteplici qualità.

Bernardo Parrella


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :