Basterà Ajaan Hirsi Ali a cambiare l’Islam? È la domanda che si è posto Max Rodenbeck sul numero 19 del The New York Review of Bookspartendo dall’ultimo romanzo dell’autrice somala (Heretic - Why Islam Needs a Reformation Now, Harper Collins 2015, pubblicato in Italia da Rizzoli), in cui Ajaan Hirsi Ali cambia il suo punto di vista sul mondo islamico.
Riepiloghiamo i punti chiave da riformare secondo la visione di Ajaan Hirsi Ali per trasformare l’Islam in un soggetto con cui sia possibile dialogare:
- L’infallibilità di Maometto;
- La priorità e l’importanza che si dà alla vita oltre la morte rispetto a quella terrena;
- La legge della Sharia;
- La Jihad.
Sebbene l’autrice stessa si renda conto che definire una lista del genere sia un compito arduo, ha certamente raggiunto lo scopo di far discutere del tema non soltanto gli “Occidentali”, ma anche parte dei tanti mussulmani che considerano gli attacchi come quelli avvenuti a Parigi un’atrocità, quei mussulmani che proprio Ajaan Hirsi Ali definisce seguaci di La Mecca, distinguendoli dagli estremisti, seguaci di Medina. L’autrice si riferisce al divario che esiste fra i 68 capitoli (sure) del Corano scritti da Maometto a La Mecca, sua città natale, incentrati sui miracoli della creazione, sull’unicità di Dio e la saggezza dei profeti e i successivi 28, scritta da Maometto nel suo esilio a Medina, in cui si sente l’effetto del suo nuovo ruolo da comandante militare e amministratore della giustizia, capitoli in cui si incitano i mussulmani a combattere e uccidere gli infedeli. Per l’autrice di Heretic sono proprio questi ultimi a focalizzarsi solo sulle parole di lotta e prevaricazione presenti nel Corano, mettendo in pratica una lettura selettiva del testo sacro dell’Islam che giustifica o addirittura sostiene i loro atti di violenza. Ajaan Hirsi Ali con Heretic punta sulla capacità dei mussulmani seguaci di La Mecca di attuare le riforme necessarie all’Islam.
Ayaan Hirsi Ali
È un punto di vista interessante e se va detto che anche le altre due religioni Abramitiche (Ebraismo e Cristianesimo) hanno dovuto attraversare lunghi secoli di mutazioni e violenze per arrivare al sistema di regole che permette la loro convivenza, bisogna ricordare che l’Islam non ha dei centri decisionali definiti come avviene per esempio per i Cristiani, non esistono sistemi gerarchici ampiamente riconosciuti all’interno del mondo mussulmano che possano farsi portavoce della “corretta” interpretazione del Corano e ciò indebolisce in parte la tesi di Ajaan Hirsi Ali.
Su un articolo di Alessandro Coppola apparso su Il Corriere della Sera qualche giorno fa, si misura il tasso di paura, diffidenza e islamofobia di alcuni paesi Europei all’indomani dell’attentato di Parigi. I numeri drasticamente sbilanciati a favore delle posizioni dei partiti della destra xenofoba ci fanno capire che la strategia dell’Isis è efficace. Accrescendo la diffidenza e l’aggressività degli europei nei confronti dei mussulmani(parliamo qui dei mussulmani di seconda generazione, quelli nati in Europa) se ne blocca l’integrazione. Questa strategia del terrore li fa sentire diversi e soli, facile preda della propaganda degli estremisti islamici. Non sappiamo se la proposta di Ajaan Hirsi Ali sia la più “giusta” per evitare che questa strategia abbia successo, ha però il merito di non farci dimenticare che sull’Islam (e sui rapporti che abbiamo con chi dell’Islam fa parte) esiste più di un punto di vista.