E mi sono detto aspetta, ma se, al contrario dell’ufficiale solitario che troverà aperte le porte della Fortezza, noi saremo tanti e cercheremo di espugnarle, le torri del quizzone Bastiano, sì insomma, non è che i Tartari siamo noi? E cosa vorrebbe dire? Essere uno dei Tartari dovrebbe almeno garantire dal male dell’infinita attesa che fa languire le vedette, votate all’unico gesto che nessuna urgenza impone mai di compiere. Eppure, in mezzo alle due figure c’è lo stesso deserto. E se la vedetta resta a lungo in attesa è perché anche i Tartari aspettano qualcosa, prima di sferrare l’attacco alla fortezza.
Così anche la vita di chi terrorizza le guardie con la minaccia di sconfinare – sarà anche più varia, meno noiosa – è piena di attesa. Non sarà un’attesa protetta e capace di imbastire miti e leggende, o spostare eserciti sulla comparsa appena vaga di un lumicino nella notte incavata che fugge al binocolo: tanto più che, ad accendere quel lumino, in quel momento dovrei esserci proprio io, in quanto tartaro, il che non mi lascerebbe tempo per divagazioni analoghe. Ma resta comunque fatta di attesa, la vita di noi Tartari. Mi chiedo allora cos’è che aspettiamo: a noi non viene incontro nessuno. Siamo noi gli invasori. Forse però la vera domanda è un’altra: vogliamo davvero invadere la città, o siamo solo gelosi della vista sul deserto che c’è dalla torre, dove vogliamo piantarci anche noi?
Le esagerazioni di chi ha rimarcato le ingiustizie infatti mi hanno fatto capire che in fondo questo concorso conferma solo la durezza del momento, testimoniando le legittime frustrazioni di chi è ancora a spasso, che però si limitano a essere, appunto, avvilimenti facilmente cavalcabili dai giustizieri del volemose bene ci penso io a tutelarvi (vota Antonio, vota Antonio). La gente che deve fare sacrifici per arrivare, quelli che dovrebbero rinunciare al lavoro per fare il test, quelli che non hanno tempo di studiare, quelli che ormai è troppo tardi ma ci provo, quelli che se non lo faccio i miei mi perseguitano, quelli che studiano anche la notte per passare, quelli che alla fine rinunciano, quelli che la prendono come una gita e magari conosceranno il partner della loro vita, quelli che ci vanno per piantare grane e così via, in fondo, appartengono all’antichissima tribù dei concorsisti che annovera già tutte le fattispecie. Soltanto per il calcolo delle probabilità di successo, parlate con un laureato in Legge e fatevi raccontare cos’è il concorso in magistratura, per dirne una. Dice, ma quelli sanno la data del concorso mesi prima e possono prepararsi, mentre noi abbiamo avuto poco tempo: l’ho detto e lo riconosco, è sempre più dura e l’organizzazione in questo caso è già stata di per sé una prima selezione. Cento però passeranno, in base a una selezione la cui trasparenza è impugnabile da chiunque, almeno negli scritti; certo, con gli orali a porte chiuse (fu la mia esperienza nel 2008) il giudizio si fa più soggettivo e meno impugnabile…