Batman – Pioggia Rossa

Creato il 12 febbraio 2016 da Elgraeco @HellGraeco

- Tu credi ai vampiri?
- Certo, ma solo perché è notte...

Il rosso è un buon colore. Basico, elementare. Tinge di sfumature morbose, senza fatica.
Recupero, in queste sere deserte, vecchi fumetti, graphic novel ambientate in universi paralleli, secondo quel tema sempre intrigante e attuale che è il "what if".


Il mondo preferisce Batman a Superman o ad altri eroi dai costumi sgargianti, eccetto forse Tony Stark. Io preferisco Superman, ma è solo questione di icone. Sono due mondi, D.C. e Marvel, differenti.
Batman, il Cavaliere Oscuro, colui che, simbolicamente, più di ogni altro si avvicina alla figura letteraria del vampiro. Lo accarezza, ne venera e allo stesso tempo ne teme il simbolo classicista, il pipistrello. Ha l'aspetto, l'ombra di un demone degli inferi, ma è solo un uomo. La sua figura, avvolta da ombre perenni, induce alla meditazione, alle riflessioni più cupe e estreme dell'animo umano. O forse è solo bella da vedere. La semplicità...
Questo, almeno, accade se l'autore di turno non si lascia andare a caratterizzazioni macchiettistiche. Adoro Batman, ma sono davvero poche le storie su di lui che mi piacciono.
Una di queste è Red Rain, 1991, di Doug Moench e Kelley Jones. Edita in Italia nel 1994, a cura della Glenat Italia alla fantascientifica somma, all'epoca, di L. 4800.

Ancora edita in tempi più recenti da RW Edizioni e inserita in un volume rilegato di gran pregio, all'ancor più fantascientifica somma di euro 29,95, che oltre a Red Rain, comprende Tempesta di Sangue e Nebbia Cremisi, tre storie che vedono il nostro Dark Knight in versione succhiasangue.

Il 1991, o più in generale, i primi anni novanta coincisero con la riscoperta hollywoodiana del mito di Dracula. La corrente, com'è noto, sfociò nel "Dracula" di Bram Stoker (1992) per la regia di F.F. Coppola. All'epoca, il colore rosso sulle labbra di Winona Ryder esaltava e contagiava di una strana estasi, perniciosa e di sicuro scomoda, le platee di mezzo mondo. Il sangue era sì vita, come gracchiava Gary Oldman, ma era una vita succube e morbosa, roba, insomma, da non sbandierare ai quattro venti, ma da apprezzare in segreto, dentro casa, come un culto sotterraneo.
"Red Rain" ci presenta una Gotham City contaminata sia dall'inquinamento che dal mito classico del vampiro, secondo un dualismo che non è solo metaforico o letterario, ma che permea il tessuto del reale. Il vampiro è ancora nebbia, lupo, occhi luminosi nel buio, ma anche creatura delle tenebre letale e selvaggia che aspetta, silenziosa, in agguato, per squarciare la gola delle sue vittime. Oppure è seduzione magica, sguardi ipnotici, dominazione incoercibile.
Batman è anche lui un mito. Un eroe della cui esistenza ancora si dubita, così come lui, Bruce Wayne, dubita dell'esistenza di tali creature fantastiche e potenti, provenienti dal buio medioevo e anche da prima, dal cuore di un'Europa dimenticata e seppellita con al collo trecce d'aglio.

Gotham City assume l'aspetto di una capitale gotica medievaleggiante, pur conservando l'attualità del progresso tecnologico. Guglie e archi si alternano a vicoli in laterizio dove l'umanità perduta, barboni e prostitute, divengono facile preda e banchetto della miseria e dei vampiri.
Su tutto, una scrosciante pioggia rossa, resa tale dall'inquinamento atmosferico, che riga il volto dei protagonisti confondendosi con le lacrime, che ferisce simbolicamente e che penetra negli organismi rendendo gli umani infetti, come il loro sangue.
Bruce Wayne dorme durante le ore del giorno, come un vampiro, per uscire di notte, cercando di porre fine a una catena di delitti interminabile. Vittime sono i vinti, gli umili e i reietti della città. Gli invisibili, coloro che non contano nulla e non interessano a nessuno. Che danno, anzi, un senso di fastidio, allorché ce li si trovi davanti, in strada, a elemosinare un pasto caldo e una coperta.
Tutti i cadaveri, l'ultimo dei quali è una giovane prostituta, hanno la gola squarciata da parte a parte; un doppio taglio. Sempre quello. Sempre lo stesso. Come il fatto che sono dissanguati.

Poco dopo il tramonto, Wayne sogna. Sogna di una donna fluttuante cinta di nebbia che, sopra di lui, sul suo letto, gli sussurra parole fugaci e gli dona una forza e un potere inusitati.
E così, mentre lui scopre di essere stato introdotto in un mondo oscuro al quale in verità ha creduto da sempre di appartenere, si trova ad affrontare un nemico antico, dai contorni leggendari, il male assoluto: Dracula.
Costui ha imperversato per secoli, banchettando con le greggi mortali. Eppure, anche lui è vittima della modernità, delle perversioni sociali. Il sangue drogato, la pioggia urticante e rossa, le malattie degli umani di cui si nutre, hanno minato la sua sanità mentale, spingendolo verso una deriva autodistruttiva, ad abbandonare le accortezze e la prudenza che sono state il suo quotidiano, per secoli.
La brama di sangue è insaziabile come mai prima d'ora. Così come mai prima, Dracula ha dovuto affrontare una creatura venuta fuori dal mito, dalle ombre, esattamente come lui: il cavaliere oscuro.

La notte. Così familiare, eppure così aliena. Oggi.
A volte fa bene guardarsi indietro, ricordare. Ripercorrere le origini. A ennesima dimostrazione che il mondo dei fumetti è lontano anni luce dalle idiozie della letteratura e del cinema odierno, "Red Rain" è rivisitazione classica e insieme moderna, impregnata anche di una denuncia sociale assoutamente non banale, alla quale si giunge attraverso l'utilizzo del colore, il rosso, in chiave narrativa e simbolica. Il sangue trascende la sua ovvia natura di linfa vitale, per divenire il dolore di una società intera sconvolta dalla violenza. I mostri che l'aggrediscono, i vampiri, sono il male minore, o l'inevitabile conclusione alla quale giunge una belva ferita, pasto di altre belve. Il male della società, di questa rappresentata nel fumetto, e di quella reale, è dentro di essa.
Eroi, antieroi di turno, si battono contro un nemico invisibile, che contamina il sangue e le menti di coloro che sono chiamati a difendere. E il loro unico risultato è tentare di arginare il più possibile, di ritardare, di spingere ancora più lontano la fine.

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