Batman – The Dark Knight Rises (2012)

Creato il 27 agosto 2012 da Elgraeco @HellGraeco
Più che un punto di partenza, il disco d'esordio dei Dropshard è il fermo-immagine di un'evoluzione in corso. Dopo due demo, la giovane band milanese ha sentito l'esigenza di cimentarsi con una suite, con la composizione simbolo dell'estetica progressive. I ragazzi si presentano come "prog/alternative", una definizione significativa: nel tentativo di unire il romanticismo dei Genesis al metallo d'arte dei Dream Theater, si accostano ai Riverside, per certi versi ad alcune produzioni wilsoniane, anche ai rinnovati Pineapple Thief.
"Anywhere but home" è una suite in otto movimenti - originariamente concepita come un unico flusso musicale e in seguito divisa in episodi - che mostra una band già preparata, con qualcosa da dire. L'impostazione di massima è quella di un new prog indurito, poco edulcorato, aperto anche a passaggi dal sapore psichedelico e con una forte vena melodica: la title-track lo dimostra ampiamente e la varietà di umori e atmosfere rende "Changing colours" il momento più intrigante dell'opera.
Riconoscendo la

Tom Hardy è Bane. Fisico massiccio, indossa una maschera che lo preserva dal dolore, ma che soprattutto lo ha reso quello che è. Interessante il punto di vista della maschera che, come dice lui stesso, dal momento in cui si indossa, ti strappa via dall’anonimato. Bane diventa qualcuno nel preciso istante in cui indossa la sua maschera. Ha imparato il dolore e la sofferenza, ha imparato la lezione sulla paura e la vendetta dalla Setta delle Ombre, come Bruce Wayne, l’ha fatta propria, l’ha rielaborata. La applica nella prosecuzione e nel compimento della volontà di Ra’s al Ghul, per distruggere Gotham.
Hardy è un ottimo attore. E riesce ad apparire tale pur essendo costretto dietro quella maschera che gli impedisce la mimica facciale. Quindi il personaggio è tale solo attraverso la fisicità e attraverso la voce. Bane è violenza, sì, ma soprattutto dialoghi, monologhi. È un piacere starlo a sentire quando impartisce lezioni a Wayne, un po’ meno quando arringa la folla allo stadio. Non è Joker e non deve esserlo. È qualcos’altro, che però viene cancellato nel finale, perdendo tutta la grandezza accumulata.

***

Christian Bale è Batman/Bruce Wayne. Ammetto che in questo film l’ho adorato. Appare indebolito, depresso, apatico, aspetta che una ladra, un’avversaria alla sua altezza, lo distolga dal torpore. Il fisico, dopo gli anni trascorsi a fare il giustiziere, s’è centralità del riff chitarristico ma anche un evidente ruolo delle tastiere, i Dropshard riescono a spaziare tra diverse atmosfere, valorizzando il logorato. Ha problemi al ginocchio, segni di fratture, un guerriero in pensione per sopraggiunti limiti fisici che decide di rientrare e, quando lo fa, lo fa senza aspettare, con un’arroganza che sa, soprattutto, di necessità, di fuga dalla disperazione interiore. Sì, il ricco depresso, dicono che sia un cliché, ma solo perché, a parte i soldi, quel vuoto lo conoscono in pochi. Caduta del personaggio, quindi, e rinascita, seguendo nella seconda parte del film lo schema classico, dell’eroe abbattuto che si rialza e torna. Tema universale, infallibile, arricchito da qualche colpo di scena che non guasta, ma che poteva persino essere evitato.
Trovo davvero sciocco, sulla base dei temi trattati dalla sceneggiatura, connotare questo film di una volontà politica, al solito tra destra e sinistra (perché chi si abbandona a questo stanco esercizio di retorica manca di fantasia, si sa), che non ha né può avere. Credo, invece, si faccia portatore, involontariamente o meno, del disagio a noi coevo, per combattere il quale, i discorsi di Harvey Dent del secondo capitolo, l’idealismo, potrebbero non bastare più. Infatti il mito di Harvey Dent si basa su una menzogna. Qui è la violenza che risponde alla violenza. Scontro fisico che, in qualche cultura, è persino considerato una forma di comunicazione. È giusto, sbagliato, che messaggio fornisce?
È solo una storia. Piantiamola di scaricare la responsabilità sulle storie. E guardiamoci il film.

Altre recensioni QUI

concept: pensiamo alla differenza tra la malinconica "Images of mind", gli spazi acustici e meditativi di "Again" e la sulfurea "A new beginning". Come per i toscani Quintessenza, il prog-metal del quintetto lombardo amalgama bene energia e piglio melodico (pensiamo a "A new morning"), peccando però di un'impersonalità di fondo. Un difetto comune a chiunque si confronti con la formula del metal progressivo, paradossalmente assente nell'eccentrica bonus track "Freedom supermarket".
Un bel debutto per una formazione sicura di sè: confidiamo in una ulteriore operazione di limatura e perfezionamento per raggiungere un sound e uno stile più personali.

http://www.dropshard.net

(Recensione apparsa su: http://www.movimentiprog.net/modules.php?op=modload&name=Recensioni&file=view&id=3383)

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