Ormai siamo sopraffatti.
Il fatto è che siamo minoranza acclamata, io e luca, e loro stanno prendendo il sopravvento.
Perché adesso ci si mette pure il piccoletto a dare man forte ai fratelli.
E le nostre cene diventano la messa in scena dei più alti vertici della stupidera preadolescenziale,
con racconti esilaranti (per loro) di barzellette incomprensibili
o con riproduzioni animate di manga giapponesi dalla comicità indecifrabile (ma travolgente, per loro).
È tutto un versetto, un gridolino, un saltare sulla sedia, un susseguirsi di strane espressioni in codice, una ridolera sciocca che diventa contagiosa anche per noi, ma solo per inerzia.
Si aggiungono poi le chiose del piccoletto, che capisce ancora meno di noi di quello che dicono i fratelli, ma che ripete ogni loro racconto facendolo suo, mettendoci i suoi amichetti della scuola materna, e riproponendo le stesse atmosfere, come un ghirigoro, un ricciolo barocco ad arricchire il quadro.
E ride e se la ride a crepapelle, lui, cercando complicità negli occhi dei fratelli e nei nostri, un po' sgomenti e molto stanchi.
E io e luca ci guardiamo attoniti, indecisi se ridere con loro, urlare o mollarli lì e scappare, e ritornare tra dieci, o anche quindici anni.