Battisti, “La canzone del sole” ed il femminismo

Creato il 26 novembre 2014 da Lucastro79 @LucaCastrogiova
Musica

Published on novembre 26th, 2014 | by radiobattente

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 “La canzone del sole” compie 43 anni: Battisti, tra donne e polemiche, continua ad essere attuale.

La canzone del sole”, da molti ricordata semplicemente come “mare nero mare nero mare ne”, compie in questi giorni 43 anni. Era infatti il novembre del 1971 e Lucio Battisti consegnava alle radio quel pezzo scanzonato destinato a segnare una società in fermento.

Erano gli anni ’70, anni di prepotente avanguardia, e quel brano, vivacena come la ragazzina che lo anima, riuscì a toccare i punti caldi dell’acceso dibattito femminista. La protagonista dalle trecce bionde e gli occhi azzurri, secondo ipotesi che in rete circolano prepotentemente, incarnerebbe infatti un tipo di donna disinibita, prettamente differente dalle donne angelicate da sempre oggetto di canti alati e sognanti. “Non è Francesca”, insomma, la prima donna ribelle nata dalla collaborazione tra Mogol e Battisti.

Sarebbe piuttosto la ragazzina dai tratti nordici della canzone del sole a segnare lo spartiacque tra due epoche. Tacciato di sessismo dalle femministe dell’epoca per alcuni versi contenuti in “Emozioni” e ne “Il tempo di morire”, in realtà Lucio riusciva a declinare con una certa maestria i diversi gradi della femminilità. Un evocativo “nastro rosa” sembra infatti attraversare l’intera produzione artistica del cantautore laziale, da sempre al centro di furibonde bufere mediatiche. Disaccordi e polemiche hanno accompagnato la vita di quell’artista per il quale “il tempo di morire” è arrivato troppo presto. L’immagine che di Battisti ci consegnano i media è quella di un uomo scostante, a tratti burbero, ossessionato da una riservatezza pressoché patologica, capace di far vacillare il rapporto con la stampa e con i recensori da sempre divisi tra un’esaltazione smodata e una critica feroce. Nemmeno la morte, la situazione più democratica che ci sia, sembra del resto aver messo d’accordo la famiglia, ostile a qualsiasi forma di celebrazione commemorativa, e a quanti vorrebbero riaccendere i riflettori su un artista che non è mai stato dimenticato nemmeno dal suo storico partner creativo, Mogol. Il paroliere che secondo la leggenda compose “E penso a te” in diciannove minuti ha infatti deciso, a distanza di 16 anni dalla morte di Battisti, di proporre una versione rock dei brani più celebri del suo collaboratore allo scopo di tutelare i figli di una generazione successiva da un divorzio artistico che ai tempi della rottura aveva preoccupato i fan più accaniti. “Io vivrò” cantava Battisti. E, in fondo, non si sbagliava. I suoi brani, palesemente immuni all’usura del tempo, alimentano la fama di chi per molti, al di là delle polemiche, è stato e continua evidentemente a essere un mito.

Clelia Incorvaia

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