In questi ultimi anni hanno preso sempre più il centro della scena le banche centrali, ovvero la loro politica monetaria.La banca centrale infatti non è una semplice banca che ha come fine caratteristico il fornire credito al sistema economico reale; è qualcosa di ben più diverso e complicato.
Guardando anche solo alle dimensioni, ci accorgiamo subito che la nostra banca centrale europea presenta nel suo conto patrimoniale attività per circa 1900 miliardi di euro, ben 400 miliardi in più del nostro prodotto interno lordo italiano. E questo ci fa già capire cosa rappresenti la gestione di un colosso finanziario del genere.
Assodato che la Bce sia un colosso finanziario, ad essa spetta essenzialmente il compito di guidare la politica monetaria. Tralasciando quindi le decisioni sui tassi, che sono essenzialmente basati su analisi economiche che variano con l’andamento economico, sarebbe interessante analizzare il secondo strumento che la Bce possiede per drenare o immettere liquidità nel sistema; sto parlando infatti delle operazioni di mercato aperto e/o su iniziativa delle controparti.
La Bce infatti può immettere liquidità sui mercati interbancari effettuando operazioni di acquisto titoli, versando quindi la liquidità usata per l’acquisto dei titoli sul mercato. Ovviamente, con la vendita di detti titoli, drena liquidità al mercato.
Esistono però 2 macro tipi di interventi. Il primo tipo che ora analizzeremo è quello di iniziativa Bce, l’altro invece è di iniziativa delle singole banche europee, che possono avvalersi al sistema centrale come “prestatore di ultima istanza”.
La Bce quindi può decidere autonomamente, tramite pronti conto termine di immettere liquidità nel mercato. Però ha due scelte: o un immissione ordinaria con scadenza settimanale, oppure scegliere un operazione più a lungo termine che permetta di mantenere più liquidità nel sistema. Ora diamo un occhiata ai grafici.
Tentando quindi di ottenere un indicatore relativo, che non tenesse conto della dimensione reale dei due tipi di rifinanziamento, quello proposto qui sopra penso sia un buon “ratio” che ci permetta di capire quando il sistema è sotto stress o quando non lo è. Il principio su cui si basa infatti è semplice, dato che ad ogni rilevazione ho diviso l’importo dell’attivo destinato alle operazioni di rifinanziamento principali con l’importo delle operazioni a più lungo termine.
Lo scoppio della bolla di internet e le torri gemelle nel tardo 2001 hanno portato ad un picco relativo (circa 2) per poi riprendersi in concomitanza con la ripresa economica fino al 2003. Poi è una caduta inesorabile fino ai minimi di metà 2009.
L’importante è notare invece che dal 2009 ormai sono passati 2 anni e sviluppi non se ne sono avuti. Infatti ancora oggi le operazioni a lungo termine sono ancora il TRIPLO di quelle ordinarie, sintomo che sul mercato monetario non c’è ancora la tranquillità necessaria.
Situazione che viene confermata anche dalle operazione su iniziativa delle stesse singole entità bancarie. Il grafico qui sotto infatti indica i depositi che le singole banche lasciano in banca centrale piuttosto che prestarle ad altre banche. Attenzione però che questa scelta è la più antieconomica per eccellenza, visto che la Banca centrale paga al tasso più basso del corridoio dei tassi (tasso di deposito marginale) mentre l’eonia, cioè il tasso interbancario overnight è sempre e comunque superiore. Segno quindi che piuttosto di incorrere nel rischio dell’insolvenza della controparte, deposito il mio surplus in banca centrale ottenendo una remunerazione minore.
…Giugno scorso? Ah sì, la Grecia giusto!