Bce: il cavallo non ha sete? allora anneghiamolo per farlo bere

Creato il 02 novembre 2015 da Vincitorievinti @PAOLOCARDENA
Lo scorso gennaio, quando Mario Draghi annunciò il quantitative easing in salsa europea, tra le altre cose, scrissi che il successo del QE sarebbe dipeso "dalla capacità delle banche di concedere prestiti all’economia reale. Contrariamente alle economie dei paesi anglosassoni che hanno tessuti economici più aperti al mercato dei capitali, l’Eurozona ha una struttura bancocentrica e il canale bancario costituisce la principale fonte di accesso ai capitali e al credito. Sotto questo punto di vista, considerando la fragilità di una parte significativa del sistema bancario europeo e la ridotta domanda di credito in alcuni paesi, è legittimo nutrire qualche dubbio sulla capacità del piano di raggiungere gli obbiettivi sperati". 
Indubbiamente, il Qe ha migliorato le prospettiva di crescita dell'Eurozona: ha evitato una crisi di fiducia,  ha svalutato l'euro e quindi favorito le esportazioni; inoltre gli stati si stanno finanziando a tassi prossimi allo zero per via del fatto che gli interventi della Bce hanno compresso i rendimenti anche dei paesi fortemente indebitati e con timidi livelli di crescita: condizione per cui i governi possono comprimere i costi per gli interessi sul debito.
In un'analisi condotta da Société Générale,  attraverso un grafico, si confronta l'espansione del bilancio della Bce  con la crescita dei prestiti al netto delle cartolarizzazioni e ci si chiede in che modo l'ulteriore espansione del Qe (prospettiva avanzata da Draghi la scorsa settimana) possa contribuire ad un significativo rafforzamento dei prestiti in Eurozona, che nel mese di settembre hanno mostrato una preoccupante flessione.

Benché il singolo dato di settembre non giustifichi le preoccupazioni per un'inversione di tendenza, la timida dinamica dei prestiti pone più di un dubbio sull'efficacia delle azioni della BCE volte a rafforzare il ritmo di crescita dei prestiti in Eurozona e quindi a centrare il target di inflazione che appare assai lontano dai livelli desiderati.


Venendo al caso italiano, vale la pena leggere un articolo pubblicato su Italia Oggi. L'articolo riprende l'opinione del Prof Minenna che giunge a molte conclusioni che chi segue questi pixel ha potuto già leggere molto tempo fa QUI
Negli ultimi anni, grazie alla politica monetaria espansiva della Bce di Mario Draghi, una valanga di liquidità ha sommerso le banche europee, comprese quelle italiane, ma ben poco è arrivato alle imprese e alle famiglie di casa nostra. Anzi, dall'inizio dell'anno i prestiti bancari sono scesi in Italia dello 0,5%, come ha accertato l'indagine trimestrale della Bce sull'andamento del credito nei Paesi euro, mentre è aumentata di poco la domanda di prestiti da parte delle imprese e delle famiglie. E' evidente che per consolidare la ripresa, finora piuttosto debole (+ 0,7% del pil), è indispensabile che anche il flusso del credito bancario torni ad avere il segno più. Ma l'analisi che l'esperto finanziario Marcello Minenna ha dedicato ieri al sistema bancario sul Corriere Economia è come un secchio d'acqua gelida sulle aspettative degli ottimisti che, come Matteo Renzi, parlano di «Italia con il segno più».Minenna, barese, è un economista giovane (43 anni), e ricopre diversi incarichi: è responsabile del Quants (analisi quantitativa) presso la Consob, insegna matematica finanziaria alla Bocconi e alla London Graduate School, ed è considerato tra i maggiori esperti di derivati finanziari. In quest'ultima veste è intervenuto lo scorso 14 aprile alla Camera, per fare il punto della situazione. Dalla sua relazione, che è sul web, i deputati hanno appreso che lo Stato è esposto per 160 miliardi di derivati, che al 31 dicembre 2014 potevano comportare 40 miliardi di perdite, dei quali 2,6 sono a rischio di estinzione anticipata nel prossimo quadriennio. Indorare la pillola, a quanto pare, non è nel suo stile. Non stupisce dunque che, a proposito degli ingenti prestiti a tasso zero con cui la Bce ha inondato le banche, Minenna scriva: «Mille miliardi sul tavolo, ma chi li ha visti?».I mille miliardi si riferiscono alle operazioni Tltro messe in campo dalla Bce due volte (nel 2011-2012 e nel 2014), prima del quantitative easing da 60 miliardi al mese. Nonostante avessero un titolo ambizioso (Tltro è l'acronimo di Targeted long term refinancing operation), dove targeted indicava che si tratta di prestiti «mirati» per porre fine al credit crunch, le prime due operazioni della Bce si sono rivelate un chiaro insuccesso rispetto alle finalità dichiarate, poiché le banche se ne sono servite per sistemare le perdite dei loro bilanci, e non per riaprire il flusso del credito. Stessa sorte hanno avuto le emissioni di Tltro successive, che a partire dal settembre 2014 hanno iniettato nelle banche europee 400 miliardi, di cui 100 sono finiti nelle banche italiane. Ma dove è finita questa liquidità? «Nel caso italiano», sostiene Minenna, «la risposta è semplice: è tornata in Bce per ripagare (o, meglio, rinnovare) gli Ltro di fine 2011-inizio 2012. Niente più che una partita di giro, insomma». (lo avevamo scritto QUI, il 23 luglio 2014)Un simile comportamento da parte delle banche, per quanto riguarda l'Italia, è dovuto a due fattori: da un lato, le continue pressioni della vigilanza bancaria europea, che ha imposto di rafforzare i patrimoni, e dall'altro l'ampliarsi dei crediti in sofferenza, circa 190 miliardi. Nel primo caso, le banche si sono rafforzate usando i prestiti Tltro; nel secondo, invece, sperano che prima o poi il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, convinca le autorità di Bruxelles ad accettare il varo di una bad bank, bocciata finora dalla Ue come aiuto di Stato. Prima di allora, sembra difficile che il flusso del credito possa riprendere sui livelli pre-crisi. Non solo. Anche raddoppiare il quantitative easing, sostiene Minenna, servirebbe a poco, visto che «per fare ripartire la domanda aggregata, i soldi devono arrivare a consumi e investimenti. In questo modo anche l'inflazione avrebbe reali chance di risollevarsi». Ma come arrivare a questi risultati? Dopo avere esaminato varie opzioni, Minenna giunge a una conclusione a dir poco stupefacente: «In alternativa, si rischia di dover bypassare le banche e, come predica Jeremy Corbin in Inghilterra, di dover ricorrere all'estremo: lanciare banconote dagli elicotteri! Sperando che non sia troppo tardi».
Riflettiamoci un attimo. Il fatto che un economista quotato, un bocconiano che ha un ruolo di primo piano nella Consob, avanzi l'ipotesi di bypassare le banche e di lanciare banconote dagli elicotteri per rilanciare i consumi e la ripresa (tesi oggi del socialista inglese Corbin, ma in passato anche del liberista Milton Friedman, che la battezzò Helicopter drop), e lo scriva sul primo quotidiano italiano, vi sembra un fatto normale? Vi rende fiduciosi sulla salute del sistema bancario? Vi tranquillizza sulla sicurezza del vostro conto corrente, dopo il varo della legge sul «bail-in»? Se così non fosse, è mai possibile che l'unica alternativa sia quella dei soldi sotto il materasso? Purtroppo, sono domande senza risposta.