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Be bold and courageous. Ovvero: il post d’inizio anno con i buoni propositi

Creato il 01 gennaio 2015 da Scribacchina

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Post noiosissimo e fondamentalmente scritto soltanto per me stessa.
Nulla di nuovo: in fondo, un blogger scrive per se stesso.
Il più delle volte, mette nero su bianco sensazioni ed emozioni.
Forse lo fa per conoscersi meglio.

***

Ho deciso che il mio 2015 sarà pieno di viaggi. In questi giorni ho già prenotato un volo e qualche treno – sono trasferte di lavoro, in realtà, ma le vivo come un viaggio vero e proprio, con la ferma intenzione di godermi ogni singolo attimo di evasione dalla vita di tutti i giorni. Ho cercato di rendere questi viaggi un po’… avventurosi, rinunciando ai soliti alberghi e prendendo alloggio tramite airbnb (che sicuramente conoscete già, ma se il nome vi suona nuovo dateci un’occhiata: è uno splendido sistema per vivere davvero il viaggio). Vedrò soprattutto di ritagliarmi 4-5 giorni per fare un viaggetto con mia sorella, io e lei sole, un po’ alla Thelma & Louise; lo faremo in un posto particolare, in condizioni particolari, cercando di rendere tutto – dalla sistemazione al mezzo di trasporto – il più sorprendente e inatteso possibile. Credo siano questi i viaggi più belli: quelli che hanno il fattore sorpresa e ben poco di pianificato.

Vita
Credo di aver imparato un po’ di lezioni nel 2014.
Tra tutte, ce n’è una che considero la più importante, ovvero: la persona più importante della mia vita è una soltanto. Io.
Non è egoismo. E’ sopravvivenza.
Vedrò di non dimenticarlo lungo tutto il 2015.

Musica
Qualche anno fa, quando ripresi in mano il basso e tornai a lezione, ero messa abbastanza male.
Le dita non rispondevano, la testa aveva dimenticato tante cose.
Ricordo di essermi presentata dal mio vecchio insegnante; avevo il basso in una mano, il jack nell’altra e mi sentivo un po’ come un giovanissimo Steve Vai, quando – secondo la leggenda – si presentò da Satriani con la chitarra in una mano e le corde nell’altra, chiedendogli come si montavano.
Il mio maestro mi chiese perché ero tornata e qual era il mio obiettivo; con tutta la convinzione di questo mondo e un enorme sorriso, gli risposi: «Voglio suonare come Pastorius».
Lui rispose con una risata infinita. E con una frase che mi fece abbassare le ali: «Scordati Pastorius; impara piuttosto ad accompagnare dignitosamente: ad un bassista che vuol fare serate si richiede questo, nient’altro».
Questa frase, unita alla mia autostima un po’ vacillante, mi aveva sempre fatto credere che col basso in mano non fossi quel gran che.
Poi, dev’essere stato un mesetto fa, mi è successa una cosa inattesa.
Mi sono ritrovata a suonare uno standard con un batterista che non conoscevo.
Dopo le prime dodici battute, stop; il tizio mi guarda e mi fa: «Va bene come suono?»
«… Prego?»
«Scusa, intendevo: ti vado bene?…»

In quel momento ho capito che forse sono io l’unica persona a non aver ancora realizzato che – nonostante le incertezze e le paure – so suonare dignitosamente.
Forse anche qualcosa più di dignitosamente.
Alla faccia del mio propormi sempre come quella «non all’altezza». Quella da scartare, quella che non è in grado, quella che non è abbastanza, quella che non va bene.
Dunque, tornando ai progetti musicali, ce n’è uno che ho la ferma intenzione di portare a termine, anche se detto così sa di boutade: suonare al Blue Note di Milano. E suonarci per un’intera serata, senza per questo dover pagare qualcuno, senza vendermi, nulla di nulla. Suonare su quel palco solo perché sono in grado di suonare.
C’è chi dice che il Blue Note si sia svenduto; che se vuoi ascoltare jazz, a Milano, devi andare in altri locali.
Che su quel palco ci salgono cani e porci.
Rhett Butler avrebbe risposto così: «Francamente, me ne infischio». Perché per me il Blue Note è il luogo simbolo del jazz, il posto dove ho sentito suonare Pastorius (il figlio, of course, non il padre: ok che nel 2015 entrerò negli “anta”, ma non sono proprio così anziana…); il salotto buono dove chi suona lo sa fare davvero, dove non ci sono sconti per gli incapaci. Dove sei sicuro che anche una canzonetta diventerà qualcosa di bello.
Ecco, è lì che voglio arrivare.
Senza per questo considerarlo un punto d’arrivo, no.
Sarà solo una tappa nel mio personalissimo viaggio.

Ed ora, portate il cursore a 1.50 minuti e fate partire il brano: questa grintosa versione di Sweet Georgia Brown è la miglior colonna sonora che potrei chiedere per il mio post.
Buon anno a tutti, cari soliti lettori. :-)


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