Being Peter Sellers

Creato il 06 settembre 2010 da Spaceoddity
Ci sono casi in cui il film biografico diventa occasione per un cinema d'eccezione. Penso, in particolare, a Chaplin di Richard Attenborough, che finora ne è stato, per me, l'esempio più luminoso. Sono rimasto sorpreso, dunque, dalla capacità incantevole di Geoffrey Rush di ricreare da capo la personalità anarchica, insofferente e geniale di Peter Sellers in The Life and Death of Peter Sellers, tradotto in italiano con un più colloquiale Tu chiamami Peter.
The Life and Death of Peter Sellers sembra l'ultima occasione di un infelice per rimettere a posto certe cose, come di voler riequilibrare il male che l'uomo ha fatto con una creatività scatenata, incapace di arrestarsi di fronte a niente. Rush, nei panni di Sellers, prende il posto della moglie, del padre, della madre e di tutti coloro che ha ferito e colpito con le sue intemperanze, giustificandole benevolmente in parole mai pronunciate, con alibi di ragioni di cui l'attore non può non servirsi per continuare a vivere.
Tu chiamami Peter è cinematografico ben oltre la carrellata di titoli e di celebrità che hanno avvicinato Peter Sellers e l'hanno voluto con sé nella magia del cinema. Le scene in cui lo svolgimento della vicenda si sdoppia nelle alternative e l'attore colma il vuoto lasciato dalla sua tempesta eccentrica mostrano il set per quello che è: lo sfondo predisposto ad arte per la finzione.

Ciò che per Brecht rappresentava il colmo della verità - l'avvertimento agli spettatori e la loro consapevolezza adulta e responsabile di partecipare a un momento di finzione - diventa in The Life and Death of Peter Sellers il più radicale atto di finzione: l'uomo invalida il personaggio in nome di ragioni personali, nel tentativo di giustificarsi col proprio genio.
A esser sincero, non conosco la biografia di Peter Sellers al punto da addentrarmi nel trattamento che la sceneggiatura ha riservato all'attore. Non so se belle case, belle donne, un egoismo a prova di bomba e tanti capricci siano lo specifico di questa persona. Da spettatore, però, noto che in Tu chiamami Peter abbiamo senz'altro un interscambio brusco e difficile - quasi sempre a senso unico - tra vita e arte.
Geoffrey Rush si racconta come Peter Sellers e si dice insoddisfatto della propria vita artistica, incapace di accontentarsi, educato a essere insaziabile, a mordere la mano che gli dà da mangiare, a divorare la sua stessa vita e a rovistarsi dentro per cercarla e sputarla fuori con una forza sismica verso ogni affetto e forma di stabilità.

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