Belka

Creato il 27 giugno 2013 da Libereditor

Il XX secolo ha conosciuto due guerre mondiali. E’ stato perciò il secolo della guerra totale. Ma anche il secolo dei cani soldato.
Centinaia di migliaia di cani furono impiegati al fronte e, nel luglio 1943, quattro di essi furono abbandonati su quell’isola.
Un’isola che ormai non aveva più un nome. L’esercito giapponese si era ritirato, portando via con sé la bandiera del Sol Levante. Da quel momento preciso quella non era più l’isola di Narukami. Tuttavia gli americani credevano che i giapponesi fossero ancora presenti, e finché non avessero fatto nulla per recuperarla, essa sarebbe rimasta un territorio indebitamente occupato dalle forze nipponiche. In altri termini, quella non era nemmeno più l’isola di Kiska.
Era solo un’isola senza nome, una terra di nessuno per quattro cani dimenticati.
Un’isola grande all’incirca come la metà dei ventitré distretti urbani di Tokyo. Una distesa di tundra nel bel mezzo di un oceano perennemente avvolto nella nebbia. Un’isola bianca, bianchissima. La neve estiva abbarbicata sulla cima dei rilievi, un’acqua gelida e cristallina a sgorgare nelle valli, un tappeto d’erba a ricoprire la terra, eternamente umida e fresca di bruma.
Gli umani sono andati via, pensarono i quattro cani. Non c’è più nessuno. Avevano compreso che i giapponesi si erano ritirati, che loro erano stati abbandonati. Su questo non avevano dubbi, Kita, Seiyu, Katsu ed Explosion.
E la fine, pensarono.

Nel 1942 le truppe giapponesi occupano due isole dell’arcipelago delle Aleutine, in Alaska. Un anno dopo i soldati americani le riconquistano e scopriranno, abbandonati nella ritirata, quattro cani appartenenti alle unità cinofile. Sono tre pastori tedeschi e un pastore Hokkaido. Saranno protagonisti di straordinarie vicende e spettatori di eventi memorabili. Presi in consegna dagli americani, due di loro saranno impiegati nelle battaglie decisive della guerra del Pacifico; uno diventerà il cane da slitta più famoso d’America, mentre l’ultimo, fedele ai giapponesi, attirerà un drappello di nemici in un campo minato. Saranno i loro numerosi discendenti sparsi per il mondo, decennio dopo decennio, a essere impiegati negli scenari più sorprendenti, nella guerra di Corea, in Vietnam, in Afghanistan, oppure al servizio della squadra antinarcotici della polizia messicana negli anni Settanta, o ancora del KGB, della mafia russa e di quella cecena.

Furukawa Hideo, Belka, traduzione dal giapponese di Gianluca Coci, Sellerio, 2013.


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