Il film racconta tre storie strutturate in modo che i personaggi di una non entrano in contatto con quelli delle altre (una sorta di film a episodi dei tempi moderni), li unisce il fatto che si interrogano tutti sulla vita e sulla morte.
Il caso di Eluana Englaro è di sfondo, i fatti raccontati si svolgono tra il 3 e il 9 febbraio, gli ultimi giorni di lei. Il tempo è scandito dalla narrazione di quella storia drammatica che passava in televisori perennemente accesi, dovunque: telegiornali, dirette parlamentari, talk show. Ci vengono mostrati anche gli opposti schieramenti delle persone fuori della clinica “La quiete” di Udine dove era ricoverata Eluana: c’era chi pregava, litanie senza pause, e accendeva ceri affinché la ragazza fosse lasciata “vivere” e chi difendeva i valori laici e chiedeva a gran voce che venisse liberata da quella prigione senza sbarre che era il suo corpo. “Priva di morte e orfana di vita”, per usare le parole di Guido Ceronetti. Non un film sull’eutanasia, tuttavia, ma sulla vita e sulla morte e il diritto di scegliere l’una o l’altra. Un’opera didascalica, quindi fredda: le emozioni del regista non arrivano e noi rimaniamo indifferenti o quasi se non fosse per le parole della politica di quei giorni, indifendibili, quasi dimenticate, di chi cavalcava un dramma pro domo sua, e che tornano a ferirci e a indignarci. Come l’affermazione del nostro capo del governo secondo la quale Eluana avrebbe persino potuto generare un figlio; ma come dice un personaggio: “Non si governa senza il Vaticano”.
Bellocchio ci offre una rappresentazione che rasenta il caricaturale dei senatori di Forza Italia, i quali, in attesa di entrare in aula per votare una legge che vieti ogni forma di eutanasia assimilando a essa la scelta di sospendere le cure di sostegno, seguono il dibattito attraverso un ennesimo televisore acceso mentre sono immersi, discinti, vecchi e cadenti, in acque termali bollenti e fumanti. Immagini da inferno dantesco in cui i politici non si capisce se sono dei demoni o dei dannati.
E non mancano i giochi di prestigio che dovrebbero sorprendere il pubblico: in un televisore si vede una scena, anche molto truculenta, del film di Bolognini del 1981 La storia vera della signora delle camelie, con una giovane Isabelle Huppert, che è anche tra i protagonisti della Bella addormentata.
Notevoli, tra gli attori, Toni Servillo e Isabelle Huppert, che ha recitato interamente in italiano, ma anche Roberto Herlitzka il quale interpreta un senatore psichiatra (che non manca mai nei film di Bellocchio) che dispensa pillole e perle di saggezza e cinismo. Gli altri mostrano una recitazione poco naturale, a volte sopra le righe, compresa Alba Rohrwacher che avevamo apprezzato in altre prove. Per il resto sembra un film di “figli di”: Gian Marco Tognazzi, Brenno Placido, fino al nipote di Lou Castel. Per non parlare dello stesso figlio del regista, Piergiorgio che, curiosamente ha interpretato solo film diretti da papà, salvo un paio. È un scelta di esclusiva o nessun altro lo vuole?