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Bella Addormentata, il coraggio di svegliarsi dal sonno della sofferenza

Creato il 06 settembre 2014 da Nicola933
di Federica De Felice Bella Addormentata, il coraggio di svegliarsi dal sonno della sofferenza - 6 settembre 2014

Titolo: (id.)
Genere: drammatico
Regia: Marco Bellocchio
Cast: Toni Servillo, Isabelle Huppert, Alba Rohrwacher, Michele Riondino, Maya Sansa, Pier Giorgio Bellocchio
Anno: 2012
115 min.
In concorso alla 70° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.

Di Federca De Felice. Ogni festival del cinema che si rispetti deve avere in  concorso un film che riesca a far convergere su di sé le polemiche che inevitabilmente accompagnano ogni edizione e puntualmente si ripresentano ogni anno, benedette dalla stampa che di esse si nutre per riempire pagine culturali altrimenti poco allettanti. Alla passata edizione (la 70esima) della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia oggetto di non poche polemiche è stato il film di Marco Bellocchio, Bella Addormentata, che in maniera più o meno esplicita ha rappresentato uno degli avvenimenti che ha maggiormente infiammato il dibattito pubblico e politico degli ultimi anni in Italia, il caso Englaro.

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In verità, il film di Bellocchio non racconta la storia di Eluana. L’arco narrativo si sviluppa nel corso degli ultimi sei giorni di vita della giovane donna, che per 17 anni aveva vissuto in stato vegetativo, fino all’interruzione dei meccanismi artificiali che la tenevano in vita. Seguiamo l’evolversi dei fatti solo attraverso gli schermi televisivi, sui quali di tanto in tanto si concentra l’attenzione dei personaggi, che sono coinvolti in maniera diretta o trasversale in drammi analoghi a quello che aveva colpito la famiglia Englaro.

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Bella Addormentata è dunque un film corale, a cui il caso Englaro fa solo da sfondo, da controcanto, e che si dipana in diversi percorsi narrativi, indipendenti e autoconclusivi, il cui filo rosso è la crisi di coscienza dell’uomo dinanzi alla scelta tra morte e vita. Troviamo il senatore di centrodestra (Toni Servillo) ancora in lutto per la perdita della moglie, alla quale, per sua volontà, è stata praticata l’eutanasia, e che è chiamato dal partito a votare una legge in cui non crede; la figlia del senatore (Alba Rohrwacher) il cui rapporto con padre si è incrinato dopo la morte della madre, perché credente e contraria alla decisione presa; l’attrice interpretata da Isabelle Huppert che rinuncia per sempre ad una carriera in ascesa per accudire con abnegazione la figlia in stato vegetativo, e la sua famiglia, il marito e il figlio, che reclamano attenzioni, che lei non è capace di riservare loro; una tossicodipendente (Maya Sansa) che tenta il suicidio, ma viene salvata da un dottore (Piergiorgio Bellocchio) disposto a infrangere i limito imposti dalla sua professione per impedirle di togliersi la vita.

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Seguendo le vite dei vari personaggi, Bellocchio sceglie di assumere una prospettiva ‘esterna’ alla delicata vicenda di Eluana e riesce a rimanere imparziale e oggettivo, pur offrendoci la rappresentazione delle diverse posizioni, incarnate dai suoi protagonisti. Nessuna convinzione, nessuna fede, nessuna decisione è migliore delle altre, o più facile da seguire. Sia il credente, che difende la vita ad ogni costo, sia il laico, che esalta il libero arbitrio a qualsiasi condizione, sono animati dallo stesso dissidio interiore, dalla stessa sofferenza, dalla stessa paura. Bellocchio ci mostra come sia possibile, pur partendo da diverse convinzioni, frutto di esperienze di vita differenti, ma ugualmente dolorose, entrare in comunicazione con l’altro, creare una relazione grazie alla compassione umana. Ecco allora che la scelta tra vita e morte diventa la scelta tra compassione e accoglienza dell’altro, e paura che è giustificazione per rinunciare a vivere.

CINEMA: BELLOCCHIO, IL MIO SGUARDO LAICO SU FINE VITA

Bellocchio non manca di evidenziare l’inettitudine e il fallimento della Politica, che, persa nelle proprie logiche perverse, non ha saputo adempiere alla propria funzione di guida, e rispondere alle istanze di un Paese in cerca di conciliazione. Colpisce in maniera sferzante l’assenza della Chiesa, che rende il suo fallimento, in quanto guida spirituale, ancora più amaro e tragico.

Non per questo, però, Bellocchio smette di credere nei suoi personaggi, verso i quali mostra una costante empatia, e verso la capacità tutta umana di risvegliarsi dal sonno causato dalla sofferenza e dalla disperazione, e scegliere ancora e ancora la vita.

★★★


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