Bellezza e conformità secondo Leonardo da Vinci

Creato il 17 dicembre 2014 da Rodolfopapa

Il pittore non sa ricreare perfettamente la natura, e in questo è inferiore al Creatore, ma sa cogliere il presente e renderlo permanente e in questo è superiore alla natura e simile a Dio.

La bellezza significa sempre relazione a Dio. La pittura, infatti, è rappresentazione della bellezza, e la bellezza naturale è sempre un riflesso di Dio. Per arricchire le nostre riflessioni, possiamo rivolgerci a un grande artista quale Leonardo.Che cosa è la bellezza per Leonardo? Nel Libro di pittura la bellezza sembra perseguita come convenienza alla natura. Il pittore deve saper imitare la natura, deve sapere realizzare la “conformità”. Infatti, Leonardo scrive: «Quella pittura è più laudabile, la quale ha più conformità con la cosa imitata (III,411).La “conformità” alla natura è l’unica garanzia di bellezza. Leonardo esplicita maggiormente questo concetto aiutato dalla proposta dello “specchio” quale strumento per valutare la stessa “conformità” della pittura, tanto da definire lo specchio «il maestro de’ pittori» (III, 408).Lo specchio costituisce innanzitutto uno “strumento”, un artificio tecnico per la costruzione del quadro, ma svolge anche e soprattutto la funzione di “maestro”. Lo specchio esercita la sua funzione magistrale nel tradurre la tridimensionalità reale in bidimensionalità rappresentata, nel mostrare sulla superficie le variabilità di luce e ombra. Se questo è ciò che lo specchio sa insegnare, allora questo è anche ciò che l’arte bella deve imparare. Infatti, Leonardo esplicita con termini chiarissimi che la bellezza e la meraviglia sorgono proprio dalla bidimensione del quadro che sa farsi tridimensione reale. Questo può accadere perché lo specchio lo ha insegnato, mostrando innanzitutto il procedimento opposto.Il pittore deve, dunque, finalizzare innanzitutto la propria attività alla rappresentazione del rilievo, deve fare in modo che il quadro diventi naturale come la natura.Comprendiamo allora che la bellezza della pittura è un “riflesso” di quella naturale. Nello specchio la natura è riflessa, e allo stesso modo il quadro deve saper essere specchio della natura. La pittura per raggiungere l’effetto dello specchio deve saper percorrere la lunga strada della rappresentazione, che è soprattutto capacità prospettica, studio delle luci e delle ombre; l’opera del pittore è cioè artificio, ma tramite l’artificio deve saper diventare specchio delle opere di Dio.L’oggetto intenzionale del pittore è riuscire a mostrare un “corpo rilevato” (III, 412).. Per Leonardo, i “corpi” sono il vero oggetto della pittura, come scrive nel primo principio della pittura (I, 3). Punto, linea e superficie sono i mezzi per poter rappresentare il corpo: ciò che esiste sono i corpi.Leonardo sottolinea che la bellezza perseguita dalla pittura non deve essere puramente emozionale, istintuale, di “superficie”. Ritiene infatti letteralmente “volgare” la bellezza dei colori, e sottolinea che la vera bellezza che sconvolge e meraviglia, e che è peculiare della pittura, è la capacità di «dimostrare di rilievo la cosa piana»; questo è lo straordinario miracolo di conoscenza e di tecnica, capace di confondere le dimensioni, trasferendone tre su due, in modo che queste due sembrino tre. Il risultato è la bellezza e la meraviglia.  Dunque il gesto del pittore è ri-creativo per la capacità di operare la corporeità che, nella sua naturale realtà, è opera di Dio.La straordinaria operazione del pittore non può essere ridotta alla pura imitazione; Leonardo, infatti, preferisce usare il termine di gran lunga più impegnativo “conformità”, cioè convenienza di forma.Il pittore deve saper essere conforme alla corporeità e alla variabilità della natura; per poterlo fare deve cogliere le armonie naturali, cioè le proporzioni che tengono insieme nell’ordine la varietà della natura. Così Leonardo qualifica come “viziosa” quella pittura che non rispetta le proporzioni (III,425). Non rispettare le proporzioni è un “vizio” perché significa non cogliere il nesso che c’è tra le cose nella molteplicità naturaleProprio nella molteplicità e nella varietà la natura mostra se stessa e il pittore “universale” deve saperla cogliere, con possibilità conoscitive e espressive inassimilabili a qualunque altra scienza o arte.La pittura riesce a cogliere l’armonia dei corpi, che non è armonia di tempi ma di membra, e dunque va percepita nella sua istantanea unità, e proprio così la rappresenta la pittura, rendendola “permanente”. Leonardo non ha la presunzione di ritenere l’opera del pittore “eterna”, parla invece più umilmente di permanenza “per moltissimi anni”.La bellezza che la pittura sa cogliere nel suo simulacro, e cioè nella sua immagine unitaria e presente, è “divina”. Per questa sua capacità di conservare nel tempo la bellezza presente, il pittore è superiore alla natura, che pure gli è maestra.Leonardo cerca nella natura la sua origine, il suo ordine, le sue regole, ebbene tutto questo si manifesta come bellezza. La bellezza dell’arte si misura, dunque, sulla “conformità” alla bellezza naturale. Ora tale conformità non annulla mai la distanza tra arte e natura, tanto che Leonardo sottolinea l’impossibilità di raggiungere la perfetta conformità (II, 118).Esiste dunque una reale impossibilità di perfetta coincidenza tra il quadro e lo specchio, e la ragione affonda in motivazioni di ordine ottico, ma tale liminare diffidenza è come se andasse a circoscrivere la specificità della bellezza artistica di fronte a quella naturale: la conformità, sempre perseguita e da perseguire, non annulla la peculiarità dell’operazione artistica, ma anzi va a definirla, in uno sforzo asindotico di perfezione. La differenza tra pittura e natura è il segno della differenza tra l’artista e il Creatore.Dunque il pittore non sa ricreare perfettamente la natura, e in questo è inferiore al Creatore, ma sa cogliere il presente e renderlo permanente e in questo è superiore alla natura e simile a Dio.Occorre inoltre sottolineare che la bellezza di cui parla Leonardo è prima di tutto “bellezza” della natura, come è scritto nel Libro di pittura: «bellezza de l’opere de natura et ornamento del mondo» (I, 17). Il pittore non crea la bellezza, ma la conosce e se ne rende “conforme”. Proprio in questa umiltà fondamentale del pittore sta la possibilità di un’arte che diventa preghiera al Creatore.Rodolfo Papa, esperto della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, docente di Storia delle teorie estetiche, Pontificia Università Urbaniana, Artista, Storico dell’arte, Accademico Ordinario Pontificio. Website www.rodolfopapa.it Blog:http://rodolfopapa.blogspot.com  e.mail: rodolfo_papa@infinito.it.

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