Un maturo Akira Kurosawa nel film Sogni (1990) rappresenta con grande efficacia la follia dell'uomo che tenta di distruggere la bellezza del mondo, e se stesso, anzichè evolvere verso qualcosa di più alto. L'uomo che ha smarrito la consapevolezza della semplicità, della essenzialità della bellezza e del misticismo della natura, che incompresa nella sua importanza, nel suo ruolo centrale e universale, viene aggredita, violata. Il film è composto da otto visioni, sogni autobiografici, un percorso personale e surrealista del regista dall'infanzia, dagli istanti del silenzio e dell'osservazione, dalla magia del passato, fino alla stridente e cupa contaminazione del mondo da parte del sordo cuore umano e dei progressi tecnologici. E' ormai troppo tardi (o forse ancora no?) quando l'uomo, uscendo da questo tunnel di emozioni, di colori, di immagini che Kurosawa costruisce con cura e delicatezza, comprende la bellezza, la sua leggera residenza in ogni cosa , proprio in quel mondo che ha distrutto, quel mondo che non ha ascoltato.
E' interessante la similitudine di Sogni con un Mandala, suggerita da parte della critica. Aggiungo, a mio avviso, che non si tratta di una semplice rappresentazione iconica del mondo e dell'immaginario orientale, in questo caso, ma di un mandala tridimensionale e persistente, che non viene distrutto, dissolto come colori di sabbia, al momento del suo completamento; è una vera filosofia visiva, un messaggio circolare, un presagio apocalittico, che si arresta quando fermiamo la pellicola, ma che attende ogni momento di risollevarsi e raccontare di nuovo, senza mai stancarsi. Sogni è uno splendido motore immobile che brucia colori e inconscio anzichè benzina, almeno quando decidiamo di riportarlo alla vita, consentirgli, premendo il pulsante play, di muoversi ancora sopra le nostre emozioni. Ma, come vedremo più avanti, saranno (purtroppo) gli eventi storici a riavviare spesso (in qualche modo) il motore e il ricordo di Sogni.
Quando gira Sogni, Kurosawa ha ottant'anni, alle sue innovazioni tecniche e artistiche già proposte in altre note pellicole, dalle scenografie pittoriche allo studio del gesto e della posa, dall'uso della fotografia alla volumetrica materializzazione della luce, in questo lavoro aggiunge un marcato carattere etico, ma non ideologico, come a volte è stato sottolineato. Etica come salvaguardia della bellezza, del pericolo della tecnologia estranea ai meccanismi più intimi della natura. Non trovo in tutto questo, sinceramente, elementi di dissenso ideologico contro il capitalismo o strumentalmente avversi al materialismo. Credo che Kurosawa, in questo testamento onirico, combatte l'estetica, cerca di esplorare la natura da un punto di vista diverso, lentamente dimenticato, da ognuno di noi, fino a arrivare alla complessa cecità della maturità umana, ormai immersa, coinvolta, nelle esigenze sociali e di dissimulazione di se stessa. La natura siamo anche noi, non solo ciò che ci circonda, Kurosawa racconta, con strazio, una doppia distruzione: della bellezza fuori e bellezza dentro. Sappiamo, davvero, di contenere tanta bellezza? Proprio nel corpo e nell'anima che usiamo così poco e così male. Sogni è in fondo uno stretto ingresso in una camera riflettente, con otto specchi ben sistemati dal regista, dove progressivamente ricordiamo, odiamo e speriamo, in una metamorfosi delle idee e dei pensieri, più che pensare di poter controllare, di essere immuni e lontani da una invisibile nube radioattiva.
Ma Sogni, almeno per noi occidentali, è anche un viaggio fantastico nella cultura nipponica, nei suoi misteri e nelle sue nebbie, che stimola le assi più solide del nostro paesaggio esistenziale con nuove intepretazioni del mondo onirico, attraverso i riti, i misteri, quel realismo magico che appare come una chiave diversa in grado di spalancare ai nostri occhi, tramite le immagini di Kurosawa, una visione del mondo dell'inconscio che va bel oltre le tesi freudiane o le interpretazioni dell'arte e del cinema occidentale. Quello che manca alla nostra cultura, in apparenza, è il realismo magico della speranza che si congiunge al passato, un sibstrato mistico conservato nei costumi, nei simboli, nei demoni e nei cortei funebri, ma anche nella diretta esperienza nucleare e apocalittica di un popolo. In realtà Kurosawa ci consente di sbirciare il passato, la natura, i suoi misteriosi riti e tessuti, nascosti dietro un albero (nel nostro caso di solido legno occidentale) proprio come il protagonista (ancora bambino) del primi episodio del film. L'esperienza di Sogni è molto simile a quella che propongono le arti figurative, specie la pittura. Le otto visioni di Kurosawa sono tele, vive di colori, che ci guidano lungo il corridoio (sempre più scuro) di una mostra, verso la meta finale, artistica e esistenziale: il raggiungimento della saggezza dopo l'infanzia e i ricordi, la crescita e la guerra, la catastrofe nucleare e la consapevolezza; abbandonare le moderne tecnologie, l'inquinamento, per rifugiarsi in un verde villaggio che ha il proprio motore nei grandi mulini ad acqua, nella natura dentro e fuori l'uomo.
Le otto tele di Sogni sono passaggi fondamentali dell'era "uomo", che da bambino diventa adulto, interagendo con la natura, osservandone prima la magia e poi rendendosi protagonista del suo degrado e esplosione. E' sempre lo stesso uomo quello che Kurosawa vede in ogni sogno, il bambino (nel sogno Raggi di sole nella pioggia) che assiste alle nozze delle volpi (demoni-volpe, le kitsune), un emozionante ritratto visionario di una vecchia leggenda giapponese. Ma quel bambino che respira l'ossigeno magico e rarefatto, le particelle trasparenti e sospese della propria antica cultura, è lo stesso uomo che, crescendo, sperimenterà negli episodi successivi la mutazione dei sogni in incubi, come Tormenta, nella quale la natura (che scatena una terribile bufera) e un demone femminile (una Yuki-onna che si confonde con la neve e con la nebbia) minacciano un gruppo di alpinisti, e poi nel cupo Il Tunnel, dove l'unico superstite di un battaglione incontrerà, alla fine di una galleria, gli spiriti dei commilitoni morti in battaglia. L'assimilazione di cinema e pittura si rende ancora più evidente nel quinto sogno (Corvi), dove uno studente d'arte incontra Van Gogh (impersonato da Martin Scorsese) tra le sue tele e il deformato immaginario (ma qui la follia è creativa), fino all'arrivo dello sparo, dei corvi che si alzano sul campo di grano, della morte. Sogno che, oltre le valenze simboliche e narrative del film, ci racconta anche la grande passione di Kurosawa per l'arte.
Ma il sogno che esprime il messaggio più forte e iconico di Kurosawa è quello della catastrofe nucleare sul monte Fuji (Fuji in rosso), del cielo rosso fuoco che lo circonda e che ingoia un fiume di gente con i suoi vapori radioattivi, visione apocalittica che si attua e si completa con il sogno successivo (Il demone che piange) del viaggio all'inferno, dove il protagonista assiste all’agonia delle vittime dopo la catastrofe nucleare, in una terra desolata abitata da creature antropofaghe (non esiste più altro tipo di cibo) e fiori giganteschi e inquietanti, che traspirano la deformità della natura, ormai nella sua versione più grottesca. Sogni si chiude con l'ultimo episodio (Il Villaggio dei Mulini), ambientato in un villaggio ai margini di una foresta, dove il protagonista incontra un vecchio saggio che espone il suo messaggio di felicità, che hanno condiviso tutti gli abitanti: allontanarsi dal progresso e dalla modernità per cercare la felicità terrena nella semplicità della natura. Sogni si chiude, magistralmente, con un corteo funebre denso di emozioni (con tanto di banda musicale) Sotto trovate i video di diversi episodi di Sogni, non solo per semplice completamento di questo articolo, ma anche perchè è molto difficile raccontare e commentare le immagini, la narrativa visiva di Korosawa, le inquadrature, i contrasti, la forza dei simboli, gli otto quadri in movimento che esplorano la coscienza dello spettatore in modo assolutamente innovativo. Protagonista del film (che è poi un alter-ego dello stesso Kurosawa) è l'attore Akira Terao. Gli oscuri presagi di Kurosawa, quelli di un incidente in una centrale atomica, immaginati nel 1990 in questa surreale opera, saranno poi tragicamente trasformati in realtà, con i disastri di Tokaimura (1999) e, soprattutto, Fukushima (2011).