Bellezza eterna

Creato il 04 luglio 2014 da Salone Del Lutto @salonedellutto

Luttuosi, i tempi sono maturi per condurvi a Bologna, in un percorso che intreccia fotografia e poesia, creando due percorsi paralleli, che possono essere letti insieme, o separatamente. Guardiamo insieme la Certosa, prepariamoci a Notturna, la notte più magica dell’anno. E, cosa importantissima, portiamo sempre con noi un libro di poesie.

«Ma perché vai a fotografare i cimiteri, cosa ci trovi di bello?». Non l’ho mai davvero capita questa domanda. Non capisco cosa ci sia di strano nell’aggirarsi nel silenzio (o magari ascoltando una perfetta colonna sonora in cuffia), tra statue che potrebbero stare nei più famosi musei mondiali, nel leggere messaggi d’amore per uomini, donne e bambini che sono stati amati in vita e il cui ricordo non morirà mai. A molte persone i cimiteri comunicano solamente un’idea di morte e tristezza, per me invece sono pace e bellezza eterna. Fotografare cimiteri non vuol dire fermarsi davanti alle lapidi e scattare a random senza un perché, vuol dire osservare, capire e trovare la vita scolpita nel marmo.

Doc Hill
Andavo su e giù per le strade | qua e là da mattina a sera, |a tutte le ore della notte per curare i malati poveri. | E sapete perché? | Mia moglie mi odiava, mio figlio s’era rovinato. | Allora mi rivolsi alla gente e le dedicai tutto il mio amore. | Era bello vedere la folla sul prato il giorno del mio funerale, | e udire quei mormorii di amore e di dolore. | Ma, oh mio dio, la mia anima ebbe un fremito, stentò
ad aggrapparsi alla nuova vita | quando vidi Em Stanton dietro la quercia
vicino alla tomba, | che nascondeva se stessa e la sua pena!

Lois Spears
Qui giace il corpo di Lois Spears, | nata Lois Fluke, figlia di Willard Fluke, | moglie di Cyrus Spears, | madre di Myrtle e Virgil Spears, | bimbi dagli occhi limpidi e il corpo sano
| (io nacqui cieca). | Fui la più felice delle donne |
come moglie, madre e donna di casa, | curando i miei cari | e facendo della casa | un luogo d’armonia e di ospitalità generosa: | passavo per le stanze | e il giardino | con un istinto infallibile quanto la vista, | come avessi gli occhi sulla punta delle dita. | Gloria a Dio nell’alto dei cieli.

Sarah Brown
Maurice, non piangere, | non sono qui sotto il pino. | L’aria mite della primavera sussurra | nell’erba dolce, | le stelle scintillano, il caprimulgo chiama, | ma tu ti rattristi, mentre la mia anima è rapita | nel Nirvana beato della luce eterna! | Va da quell’anima gentile di mio marito, | che rimugina su quello che lui chiama il nostro colpevole amore: |
digli che il mio amore per te, non meno del mio amore per lui, | ha forgiato il mio destino – che attraverso la carne |
ho raggiunto lo spirito, e attraverso lo spirito, pace. | Non ci sono matrimoni in cielo, | ma c’è amore.

La signora Reece
A questa generazione vorrei dire: | imparate a memoria qualche verso di verità o bellezza. | Vi potrà servire una volta nella vita. | Mio marito non ebbe niente a che fare | col crollo della banca-era solo cassiere. | Il crac fu colpa del presidente, Thomas Rhodes, | e del suo fatuo figliolo senza scrupoli. | Però mio marito fu spedito in prigione, | e io restai sola coi figli, | a nutrirli e vestirli e istruirli. | E lo feci e li avviai | nel mondo tutti lustri e robusti, | e questo grazie alla saggezza di Pope, il poeta: | «Recita bene la tua parte, in questo consiste l’onore».

Lucinda Matlock
Andavo a ballare a Chandlerville, | e giocavo a carte a Winchester. | Una volta ci scambiammo i cavalieri | al ritorno in carrozza sotto la luna di giugno, | e così conobbi Davis. | Ci sposammo e vivemmo insieme settant’anni, | divertendoci, lavorando, crescendo dodici figli, | otto dei quali ci morirono, | prima che arrivassi a sessant’anni. | Filavo, tessevo, tenevo in ordine la casa, assistevo i malati, | curavo il giardino, e alla festa | andavo a zonzo per i campi dove cantavano le allodole, | e lungo lo Spoon raccogliendo molte conchiglie, | e molti fiori ed erbe medicinali | gridando alle colline boscose, cantando alle verdi vallate. | A novantasei anni avevo vissuto abbastanza, ecco tutto, | e passai a un dolce riposo. | Cos’è questa storia di dolori e stanchezza, | e ira, scontento e speranze cadute? | Figli e figlie degeneri, | la vita è troppo forte per voi | ci vuole vita per amare la vita.

L’ignoto
Voi esseri ambiziosi, ascoltate la storia dell’ignoto | che qui giace senza il segno d’una lapide. | Da ragazzo, temerario e sventato, | mentre giravo per il bosco imbracciando un fucile | vicino alla villa di Aaron Hatfield, | tirai a un falco appollaiato sulla cima | di un albero secco. | Cadde con un rantolo | ai miei piedi, l’ala spezzata. | Poi lo misi in una gabbia | dove visse molti giorni gracchiando con rabbia contro di me | quando gli offrivo il cibo. | Ogni giorno io cerco nei regni dell’Ade | l’anima di quel falco, | per potergli offrire l’amicizia | di uno che la vita ha ferito e messo in gabbia.

Mabel Osborne
I tuoi fiori rossi tra le foglie verdi | appassiscono, bellissimo geranio | Ma tu non chiedi acqua. | Tu non puoi parlare! Non occorre che parli | tutti sanno che stai morendo di sete, | ma non ti danno l’acqua! | Passano oltre e dicono: | «Il geranio ha bisogno d’acqua». | E io, che avevo felicità da spartire | e desideravo spartire la tua felicità; | io che ti amavo, Spoon River, | e anelavo al tuo amore, | appassii sotto i tuoi occhi, Spoon River | assetata, assetata, | muta per il pudore dell’anima di chiederti amore, | tu che sapevi e mi vedevi morire davanti a te, | come questo geranio che qualcuno ha piantato sopra di me, | e lascia morire.

Roscoe Purkapile
Mi amava. Oh, come mi amava! | Non ebbi via di scampo | dal primo giorno che mi vide. | Ma poi quando fummo sposati pensai | che poteva anche morire e lasciarmi libero, | o magari divorziare. | Ma poche muoiono, nessuna rinuncia. | Allora scappai via e me la spassai per un anno. | Ma lei non si lamentò mai. Diceva che tutto si sarebbe risolto | che sarei tornato. E tornai. | Le raccontai che mentre facevo un giro in barca | ero stato catturato dalle parti di Van Buren Street | dai pirati del lago Michigan, | e tenuto in catene, così non avevo potuto scriverle. | Lei pianse e mi baciò, e disse che era crudele, | vergognoso, disumano! | Allora mi convinsi che il nostro matrimonio | era una grazia del cielo | e non poteva essere sciolto, | se non dalla morte. | Avevo ragione.

La signora Purkapile
Scappò e restò via per un anno. | Al ritorno mi raccontò quella storia idiota | che l’avevano preso i pirati del lago Michigan | e tenuto in catene, così non aveva potuto scrivermi. | Finsi di credergli, ma sapevo benissimo | cosa faceva, e che si vedeva | con la modista, la signora Williams, di tanto in tanto | quando andava in città per acquisti, lei diceva. | Ma una promessa è una promessa | e il matrimonio è il matrimonio, | e per rispetto a me stessa | rifiutai di farmi attirare in un divorzio | per gli intrighi di un marito che era solo stufo | del giuramento e dei doveri coniugali.

Il suonatore Jones
La terra emana una vibrazione | là nel tuo cuore, e quello sei tu. | E se la gente scopre che sai suonare, | ebbene, suonare ti tocca per tutta la vita. | Che cosa vedi, un raccolto di trifoglio? | O un prato da attraversare per arrivare al fiume? | Il vento è nel granturco; tu ti freghi le mani | per i buoi ora pronti per il mercato; | oppure senti il fruscio delle gonne. | Come le ragazze quando ballano nel Boschetto. | Per Cooney Potter una colonna di polvere | o un vortice di foglie significavano disastrosa siccità; | Per me somigliavano a Sammy Testarossa | che danzava al motivo di Toor-a-Loor. | Come potevo coltivare i miei quaranta acri | per non parlare di acquistarne altri, | con una ridda di corni, fagotti e ottavini | agitata nella mia testa da corvi e pettirossi | e il cigolìo di un mulino a vento – solo questo? | E io non iniziai mai ad arare in vita mia | senza che qualcuno si fermasse per strada | e mi portasse via per un ballo o un picnic. | Finii con quaranta acri; |
finii con una viola rotta -
e una risata spezzata, e mille ricordi, | e nemmeno un rimpianto.

Foto di Anna Bechis
Diplomata presso la scuola di fotografia di Padova (I.S.F.A.V.), alterno i miei scatti tra i pit dei concerti e le lapidi dei cimiteri monumentali, soggetti in effetti opposti tra loro ma che amo follemente. Devo questa passione per i cimiteri ai miei genitori che quando avevo otto anni mi portarono a visitare le tombe di Pere Lachaise a Parigi. Ne rimasi letteralmente folgorata. Vorrei riuscire a visitare e fotografare la maggior parte dei cimiteri monumentali d’Italia e magari, soldi permettendo, anche altri monumentali europei… Forse in un paio di vite ce la posso fare.

Le poesie che ho abbinato alle foto sono tratte dall’Antologia di Spoon River pubblicata da Edgar Lee Masters tra il 1914 e il 1915. Ogni poesia racconta, in forma di epitaffio, la vita di una delle persone sepolte nel cimitero di un immaginario paesino statunitense. Noi le abbiamo portate alla Certosa, che è tutta un’altra cosa. L’edizione italiana dell’Antologia fu tradotta da Fernanda Pivano, che per questa opera ebbe un’autentica folgorazione. «L’aprii proprio alla metà, e trovai una poesia che finiva così: “mentre la baciavo con l’anima sulle labbra, l’anima d’improvviso mi fuggì”. Chissà perché questi versi mi mozzarono il fiato: è così difficile spiegare le reazioni degli adolescenti».

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Informazioni
Certosa di Bologna – Cimitero storico monumentale
Via della Certosa, 18
Tel. +39 051 6150811
Fax +39 051 6150829
Orario
estivo: (dal 1/3 al 2/11) dalle 7.00 alle 18.00
invernale: (dal 3/11 al 28/02) dalle 8.00 alle 17.00

Per prepararsi alla visita della Certosa di Bologna, visitate il sito Storia e memoria di Bologna, che è meraviglioso.

Lo sapete che la Certosa di Bologna ha un calendario estivo ricchissimo di eventi? Noi, ad esempio, ci andremo il 12 luglio, per la serata “Notturna – Concerto per notte sola”. Se volete scoprirli tutti, cliccate qui, e troverete il calendario completo.


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