Chiara Moscardelli, La vita non è un film (ma a volte ci somiglia) Einaudi, € 18,00, pp. 363. Oggi voglio parlare di un libro che non è proprio il mio genere. Eppure mi ha tenuta incollata alla pagina e, una volta finito, mi ha lasciato pure una certa nostalgia. Genere, dicevo: potremmo dire un mix fra chick-lit e thriller, ma la definizione resta comunque stretta. La trama? Una single metropolitana 40enne, bruttina, con alto tasso di humour e colossale memoria per le battute dei film, partecipa incautamente a uno speed date (un gioco-appuntamento con sconosciuti) e finisce preda di un serial killer, nonché dell’affascinante commissario che deve proteggerla (sciupafemmine, ça va sans dire).
La protagonista si chiama come l’autrice ed è il tipo che, anche nel peggior frangente, non smette di sognare il lieto fine. Una Bridget Jones all’italiana, persino con più brio: ogni pagina è un fuoco di fila di battute – sì, meglio arrendersi, la Moscardelli non tace mai e se può dire la cosa sbagliata, lo fa. Eccessiva, sincera, pasticciona, velleitaria: ce le ha tutte.
Ma se è riuscita a far identificare persino me (sposata con figli nonché amante di tutt’altro genere di romanzi) evidentemente ha saputo cogliere qualcosa che dentro abbiamo tutte. A cominciare da un’inconfessata brama di lieto fine. Sì, proprio quello da film.
E la sua verve farebbe comodo a tutte noi. Tanto più che in trecento pagine di Credere nelle favole (e nei film romantici) a volte aiuta davvero.
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Scritto da: Francesca Magni
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