Bene.

Creato il 21 maggio 2011 da Vulvia

"E' l'unica città alla quale perdono di esistere. Tutto ciò che c'era da pensare in Italia è stato pensato a Napoli. Sopra Napoli non si è mai pensato, né mai si penserà."

(Corriere del Mezzogiorno, 12 dicembre 2007)

  Il testamento inedito di Carmelo Bene -«Napoli? Adoro le sue lezioni di anticiviltà». Volume e video a cura di Lucia Di Giovanni e Michele Schiavino

NAPOLI - Carmelo Bene inedito. Parole pesanti come macigni e graffianti come versi giambici: sono alcuni degli ingredienti del doppio omaggio al maestro. Omaggio fatto di parole e video: per venerdì 14 dicembre (alle 20 e30), alla Sala Ferrari di Napoli è fissata la proiezione del video «A Piena Voce» con la presentazione del volume «La Voce Mancante», dialogo con Carmelo Bene, che ripropone in versione integrale l’intervista che Lucia Di Giovanni gli fece venticinque anni fa. Il video è composto da materiali inediti realizzati da Michele Schiavino a Salerno nell’antico Teatro Verdi e nei paesi dell’Irpinia, prima e dopo il sisma dell’80. L'intervista fu realizzata dalla giornalista Di Giovanni in occasione della «Lectura Dantis», evento organizzato a Salerno nel 1982. Alla serata nella sala teatrale del Vomero, ad ingresso libero, interverranno con la Di Giovanni, Michele Schiavino, Stefano De Stefano, Vittorio Dini, Manlio Santarelli, Pasquale De Cristofaro, Alfonso Amendola. A TUTTO CAMPO - Da Heidegger al Sud, fino al sodalizio con Eduardo De Filippo, a Pasolini, da Di Vittorio a Napoli, molti i temi toccati da Bene in cinquanta minuti mai visti integralmente e commentati. Lucia Di Giovanni e Michele Schiavino, gli autori, spiegano: nella stesura scritta dell'intervista ci «sono passaggi forti, in parte sono anche divertenti. Nella stesura integrale abbiamo cercato di rispettare il più possibile il suo parlato, ma abbiamo per lo più tagliato gli intercalari, preziosi. Complicavano la comprensione del testo».

(DI) PASSAGGIO SU NAPOLI - Di seguito riportiamo integralmente alcuni passi dell'intervista di Lucia Di Giovanni in cui Carmelo Bene apre il discorso a De Filippo e poi a Napoli, adorabile regina di «anticiviltà». [...]Questa napoletanità di Pinocchio…

CARMELO BENE. «Voi volete a tutti i costi farmi napoletano in quest'occasione. Ebbene no, è errato, io verrò a dire Dante, forse il più grande poeta che abbia avuto il mondo. E basta. Perché parliamo di Pinocchio, che va sentito lì, in dei momenti a teatro? Basta, è inutile parlarne. Non c'è bisogno di napoletanizzare, non c’è bisogno che mi sappiano tifoso del Napoli perché vengano a sentirmi in Dante. Se vogliono, vengono. Mi spiego? Detesto il Napoli, ha capito?».

  La squadra?

«Sì»

  La città?

 La squadra, la città, non mi interessa, non mi interessa nessuna città. Ve l’ho detto, se il linguaggio è l'unica forma che fonda qualunque esisten¬za, le città non esistono, sono fatti mentali, è ovvio, no? Non è che uno ce l’ha, che odia Napoli, odia Bologna, odia Modena. Odia tutto quanto esiste.

Lei ha stretto un sodalizio artistico con De Filippo, con il quale fra l’altro porta avanti una battaglia contro il Ministero dello Spettacolo

«Questi sono fatti privati, sono fatti legali, che stoltamente son finiti in pubblico, ma adesso è ora di toglierli dal pubblico e è ora che tornino al privato. Con Eduardo noi facciamo qualche cosa insieme, adesso, ne faremo qualcuna, staremo insieme qualche altra volta in palcoscenico, ecco. Non credo nemmeno che a Napoli sia molto amato»

De Filippo?

«Eh, anzi!»

Dal pubblico?

«Eh, eh! O quantomeno c’è una spaccatura tremenda. I napoletani veri, questo rimanga tra di noi, so che non amano, che detestano Eduardo. Chi conosce Napoli…

Perché?

«Eh, beh, se lo faccia raccontare da qualche…

Me lo dica lei

«È facile intuirlo, il discorso è vasto

Napoletani veri, che significa?

«Chi conosce Napoli, chi conosce la Napoli secolare, questa casbah che continua a dare lezioni di anticivile»

Perché detestano Eduardo?

«In questo senso…quello che dissi un giorno in una intervista alla radio a Domenica Rea, proprio quando ero a Napoli. L’unica cosa che può farmi simpatica Napoli e perdonarle di esistere, mentre non perdono alle altre città di esserci, perché non fanno parte della mia esistenza, del linguaggio, è il fatto proprio della sua anticiviltà, delle sue continue lezioni di anticiviltà. Della sua ingovernabilità»

Le piace questo di Napoli?

«Non è che mi piace. Adoro questo di Napoli, la sua non disponibilità a lasciarsi governare da nessuno. Il mio amico Valenzi ne sa qualcosa».

Non vorrebbe che fosse governata meglio, che si riuscisse a governarla?

«Vediamo le cose. Un conto è non rubare al Comune, non rubare alla Provincia, non rubare alle Regioni. Mi pare che Valenzi sia addirittura eroico. Essere sindaci di Napoli ed essere eroi è un po’ la stessa cosa. Mi spiego? Quindi tutta la mia solidarietà e i miei voti eterni per Maurizio Valenzi. Ci conosciamo, si sa benissimo quale follia sia governare Napoli. Quindi, a parte questo, l’ingovernabilità di Napoli è anche un fatto estremamente positivo. Napoli non crede in niente, non ha mai creduto in niente

E’ un fatto di libertà, di indipendenza?

«Di anticiviltà. Non sente di dover essere. Platone non è arrivato a Napoli. Né Cristo. Forse più Cristo, ma meno Platone. Il mondo delle idee non è arrivato a Napoli. Che ha espresso gli unici pensatori, che è stata l’unica città, come Sud intendo, la Campania ha pensato per tutta l’Italia, da Campanella a Bruno, a Croce. Quello che c’era da pensare è stato pensato tutto a Napoli, o là intorno. Da Napoli in su non si pensa, non si è mai pensato, non si penserà mai».

In Italia?

«In Italia, certamente. Napoli è una terra capace di liberarsi anche dal pensiero. Quel che conta è liberarsi dal pensiero, affrancarsi dal pensiero, affrancarsi dal dover essere, togliersi da Hegel, da Schelling, da Fichte. Al napoletano non c’è bisogno di consigliargli di togliersi da Fichte, o da Shelling, o da Hegel. E’ nato tolto. Mi spiego? Sebbene le zone che ci riguardano credo non si possano paragonare a Napoli, via, non è Napoli».

In che rapporto sta De Filippo con Napoli?

«Ma io non lo so in che rapporto stia con Napoli, so che non è mai corsa buona ... mi pare, ma questo non vorrei fosse pubblico. È anche un po' una visione mia privata. È molto amato e molto odiato. Anche Eduardo è lo stesso caso, è inutile. Quando lui fonda le cose sull’essere, l’essere che poi diventa l’essere stato, sull’essenza delle cose, che è l’equivalente dello scriver testi, a me non interessa. A me non interessa nulla dei testi di Eduardo. E credo che siano quelli a offendere i napoletani. Si sentono offesi, si sentono troppo superficialmente maltrattati»

Rappresentati?

«Rappresentati, soprattutto, mi spiego? Quando però Eduardo è lui sulla scena, lì diventa grandissimo ed ecco allora Napoli si riconosce in lui. Mi pare che l’esame sia chiaro, perché allora fonda l'esistere. È il linguaggio, ma non è il linguaggio…non ha referente col suo scritto. Però intanto l'essere buca l'esistenza, ecco, perché siamo fatti solo della nostra mancanza. Quando l'essere in Eduardo buca, questo ça manque lacaniano, buca l'essere dei suoi scritti, a monte, buca l'esistere, l’esistenza, la fondazione del linguaggio, la mera nominazione, e la buca troppo spesso, allora riaffiorano continuamente le sue visioni, cioè l'essere riaffiora e i suoi scritti gli prendono anche la mano e bisogna aspettare i due o tre momenti di felicità sua, scenica, sua del dire, anche, dove fonda veramente l'esistenza, e lì è grandissimo. A quel punto non è più nemmeno napoletano, a quel punto si iscrive tra i grandi, tra gli astri, tra le stelle, insomma, in cielo, non è più da iscriversi in terra. I napoletani se ne accorgono, perché sono musicalissimi, e accettano la sua musicalità altissima, quando lui è in scena, altissima. E disapprovano quanto Eduardo ha scritto addosso, peggio ancora sulla carta. E’ molto semplice insomma capire tutto ciò»


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