bene è male

Da Ducdauge @ducdauge

La pappa è buona, il coltello è cattivo. Giocare con i giochini(!) è buono, giocare con le forbici è cattivo. Sistemare la cameretta è buono, creare disordine in tutta la casa è cattivo. Potrei proseguire con altre centinaia di esempi, ma penso che questi pochi possano bastare. Fin da bambini ci insegnano che cose, azioni e persone sono buone o cattive, indicandoci (o almeno provandoci) che la giusta strada da seguire è quella della bontà. In tutte le classi, dalla prima d’asilo fino all’ultimo anno di superiore, ogni classe si divide in due gruppi, il gruppo dei buoni (di solito chi studia e fa i compiti) e quello dei cattivi (chi non studia e non vuole studiare), con inevitabili risvolti anche nei rapporti tra genitori e insegnanti, perché, come si dice, “ogni scarrafò è bell’a mamma sò!”.
Crescendo s’inizia a capire (o si dovrebbe) che il mondo non può essere diviso in buoni da una parte e cattivi dall’altra. Il mondo delle fiabe suddiviso in buoni e cattivi, protagonisti e antagonisti, purtroppo e per fortuna, è solo una bella menzogna che dovrebbe aiutarci a diventare grandi.
Nella letteratura ci sono due classici esempi in cui, in questi ultimi tempi, mi sono imbattuto: ne “Il visconte dimezzato” di Italo Calvino l’intreccio ruota attorno al Visconte Medardo di Terralba, dimezzato da un colpo di cannone nel suo primo giorno di battaglia. Del povero Visconte ne tornarono a casa separatamente due metà: la prima metà cattiva, la seconda buona. Ne “Lo strano caso del dottor Jekill e Mr Hyde” di Robert Louis Stevenson le due metà buona e cattiva convivono nelle due diverse versioni dello stesso personaggio, come facce della stessa medaglia.
Bene e male in queste due storie sono (per noi lettori) facilmente distinguibili, anche se in maniera diversa nei due racconti e con due originali e diverse metafore. Nel Visconte di Calvino bene e male hanno la stessa “mezza faccia”, evidenziando un importante senso di incompletezza dell’una e dell’altra metà, apparentemente indistinguibili tra loro; nello “strano caso” di Stevenson bene e male hanno due diversissime facce, due versioni dello stesso personaggio, ben riconoscibili e distinguibili tra loro, l’uno è l’altro.
“A volte uno si crede incompleto ed è soltanto giovane” sentenzia il giovane narratore del racconto calviniano. Da giovane fanno di tutto per insegnarti a distinguere bene e male. Poi cresci e capisci che tutta un’infanzia per imparare questa distinzione in fondo non è servita a niente.


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