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Benigni racconta “La più bella del mondo”, la nostra Costituzione. E Silvio? Chi se ne importa

Creato il 18 dicembre 2012 da Ladyblitz @Lady_blitz
Benigni racconta “La più bella del mondo”, la nostra Costituzione. E Silvio? Chi se ne importa

ROMA – C’è chi si è sintonizzato su Rai 1 ieri sera alle 21.00 per gustarsi una certa bella lezione sulla Costituzione italiana e chi, diciamolo, lo ha fatto per non perdersi la satira che l’artista, tutti sapevamo, non si sarebbe risparmiato. E così il pubblico non è stato deluso e i primi 20 minuti la satira c’è stata, eccome. E ha ringraziato in ordine crescente di “potere” prima la Rai, poi il Presidente della Repubblica, ha ringraziato il Papa e chi vi è sopra il Papa, il nostro Dio. Poi, sempre in ordine di potenza, ha ringraziato Silvio.

C’è chi lo accusa di praticare una satira completamente antiberlusconiana, chi lo invita a fare il comico e l’attore senza mettere in mezzo la politica e chi lo ascolta rapito, ma intanto, lui, fa il suo lavoro con la passione che solo Roberto sa mettere: l’artista.

Così tra frecciatina e l’altra (“Ho sentito dire che vuole ricandidarsi, Signore pietà” o “tanta gente vorrebbe andare in pensione e non riesce, e tu a 80 anni potresti… perché non ci vai?) introduce “La più bella del mondo”. E non si tratta di una donna, bensì della Costituzione italiana.

E chi se ne importa, sinceramente, di Silvio, perché lo show è stato un turbinio di bellezza ed arte. Roberto Benigni è stato capace, ancora una volta, di trasformare la giurisprudenza, la legge, in musicale poesia.

Chi ieri ha fruito dello show ha avuto davanti i 12 principi fondamentali raccontati come solo Benigni sa fare: la commozione e l’entusiasmo di bambino che per più di due ore, senza spazi pubblicitari né pause, con la sorprendete ed unica capacità dell’artista di spiegare e raccontare elementi e ragionamenti difficili in maniera semplice, che tutti riescono a comprendere.

E così ieri sera gli italiani si sono trovati davanti gli occhi qualcosa che hanno da sempre ma che con Benigni sembra di assimilarla per la prima volta davvero.

“La Costituzione ha due nemici: l’indifferenza alla politica. La politica è la scienza più alta per riuscire a costruire la nostra vita insieme. Voi dovete amare la politica. Perché rimanerne indifferenti significa non interessarsi della propria vita e a quella dei propri figli. Disprezzare la politica è come disprezzare se stessi. Se un padre schiaffeggia il proprio figlio non è la paternità che deve essere colpevolizzata, è quel padre che non va bene”. Benigni introduce così il discorso alla Costituzione, sottolineando l’importanza del voto: “Per ottenere il diritto al voto sono morte migliaia di persone ognuno di noi porta il suo contributo verso il giusto o l’ingiusto. La cosa più terribile è non votare. Non tirarsi fuori altrimenti è come essere dei Ponzio Pilato. Se ci si lava le mani dinanzi la politica, e si rimane indifferenti, la folla darà ragione a Barabba”.

“La Costituzione è tutto un si, è la legge del desiderio. Ed è stata fatta affinchè gli uomini siano uguali dinanzi ad essa”.

E come non ricordare, dice Benigni, i padri costituenti? Almeno alcuni non possono rimanere nell’oblio: “Calmandrei, Alcide de Gasperi, Giorgio la Pira, Benedetto Croce, Pietro Nenni e l’ autore di passaggi fondamentali della Costituzione un pugliese di 29 anni, Aldo Moro”.

Poi, inizia a parlare del primo articolo della Costituzione, spiegando la parola Repubblica “grazie alla quale Il popolo è diventato parte attiva della vita politica. Quando si spendono i soldi pubblici, si spendono soldi nostri, che ci appartengono, è un peccato mortale. La sovranità appartiene al popolo: la sovranità appartiene a noi. Ed ecco che con il suo entusiasmo e vigore racconta l’importanza della parola “lavoro”: “La nostra è una Repubblica Fondata sul lavoro. Lavoro è la collocazione del sistema. Il contributo che ognuno di noi può dare alla comunità, agli altri. Non sul privilegio o sul lavoro degli altri, ma su noi”.

Con l’articolo due introduce i diritti inviolabili e i doveri inderogabili dell’uomo. Spiega di come “quei signori li sono riusciti a far diventare legge un sentimento”, parlando della solidarietà che è stata resa un dovere affinchè anche la felicità sia un privilegio più diffuso possibile perché “la solidarietà ci distingue come esseri umani. Magnifica il vangelo. Fai agli altri ciò che vorresti fosse fatto a te. I padri costituenti sono riusciti a mettere insieme Darwin e il vangelo” .

Racconta poi l’articolo tre, di come i padri costituenti si sono impegnati a prescrivere l’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge senza distinzione di sesso, razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, “l’hanno scritto a Woodstock, è Imagine di John Lennon trent’anni prima. Me li immagino a Montecitorio, come fricchettoni, che si passano il cannone… Perché se per la storia non siamo uguali, per la legge si è tutti uguali”.

Passa poi all’articolo quattro in cui incalza l’importanza del lavoro: “Quando si perde il lavoro si perde se stessi. Il lavoro da forma alla nostra vita. La busta paga non e’ avere, e’ essere.”

Per il quinto articolo, poi, inevitabile è la frecciatina ad Umberto Bossi sfruttando l’omonimia con Umberto Terracini: “Umberto – dice Benigni – scrivi: Italia una è indivisibile”.

Propone poi un “Language Day” per la tutela della ricchezza dei dialetti mentre spiega l’articolo sei, a tutela delle minoranze linguistiche, come da Costituzione.

Non poteva non citare Dante. E infatti lo fa, mentre spiega l’articolo sette: “Era un intellettuale laico, che non significa essere ateo. Laico significa dividere le proprie emozioni personali dalle questioni istituzionali, dello stato. Il potere della chiesa e il potere dello Stato devono essere indipendenti. La chiesa non deve interpretare la legge o indirizzarla verso una direzione, e lo stato non deve utilizzare la chiesa per scopi personali” e sottolinea: “Tutte hanno pari diritto a meno che non contrastino con la legge dello stato, con la politica dello stato.

Parla poi dell’importanza dell’articolo nove, di come i padri costituenti abbiano avuto il buon senso di inserire il patrimonio storico nei diritti fondamentali, perché solo promuovendo lo sviluppo della cultura e la tutela del paesaggio si può salvare un paese: “Investivano sulle persone, questo è il capitale che frutta. Oggi sembra una spesa investire sulle persone. Ma occorre guardare lontano. I nostri padri costituenti hanno protetto la nostra memoria. Il principio giuridico di questo articolo riguarda la nostra memoria storica perché dobbiamo sempre sapere chi siamo”.

Magistrale la spiegazione dell’articolo dieci, nel gesto dei padri costituenti di aprirsi verso il mondo per tutelare i propri fratelli emigrati e per essere orgogliosi dell’importanza della nostra Costituzione che: “La legge italiana fatta dal nostro voto non ammette di strangolare, fulminare, fucilare un altro uomo per fare giustizia. Non esiste in italia la figura del boia o del canrfice. Solo gli assassini uccidono”.

Poi, rincalza il concetto mentre spiega l’articolo undici, in cui sottolinea l’importanza del verbo “ripudiare”: “L’italia ripudia la guerra. Ripudia è una parola biblica, una condanna morale. La guerra distrugge, deforma, nessuna guerra causa un dolore inferiore a quello che affligge”.

Infine, è sull’ultimo articolo che quasi si commuove, parlando della descrizione della bandiera fatta dai padri costituenti e descritta con parole semplici, quasi fosse il tema di un bambino: “La bandiera della Repubblica. Un simbolo messo tra i principi fondamentali e descritta come fosse il tema di un bambino. La Costituzione è un giacimento d’oro. Un regalo. Dobbiamo vantarci di amare la nostra patria, di amare il mondo. L’Italia come patria non ci basta dobbiamo diventare mondo, ma mantenendo la nostra particolarità di italiani”.

Ecco perché. Per tutto questo, per questa ricchezza di parole, di sguardi, di enfasi e di entusiasmo. Ecco perché, sinceramente, chi se ne importa della satira su Silvio. 


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