Se vi sembra che questi elementi siano distanti anni luce fra di loro e cercate di capire come possano stare insieme, beh, non ce la farete, non così. Ci vuole almeno un capocomico (autoproclamatosi, magari). Sua moglie, fedifraga e in stato esilaran-confusionale. E poi il pianoforte, la figlia e il suo fidanzato (?), la musica – sempre, la musica -, regia, luci, eccetera eccetera. Insomma, legare i vasti paesaggi in cui spazia la Bennologia, trovargli il sound adatto e rendere miti i climi delle differente produzioni non è cosa da poco e il rischio è alto, ma il risultato finale merita di correre un po’. Proprio come corrono e si rincorrono Lucia e Nicola sul palco, al ritornello di Baby io sono come te, inseguendosi, ballando e raccontando, anche sotto le spoglie di Lupetta e Jack Onehand. O le note della Microband, personaggi non meno surreali, comici e azzeccati, che non temono di farsi sentire, giocando con gli strumenti, le espressioni e gli altri attori.
Ancora una volta (dopo La misteriosa scomparsa di W e Jack – la storia di Jack Manosola e altri blues nel 2012), Emilio Russo e i suoi hanno attinto dal repertorio di Stefano Benni, usandone i versi poetici, le battute comiche da bar, i brani teatrali, creando una vera e propria “visitazione” di questo universo autoriale, in cui la risata è l’aria che viene normalmente respirata. E non è certo per l’euforia della prima che giorni dopo posso canticchiare ancora: «Ma che notte è? È tutto vero o mi hai messo della roba nel caffé?».