Al centro del concetto di “internet delle cose” ci sono oggetti (come per esempio gli elettrodomestici, ma non solo) connessi in rete che, grazie ad alcune tecnologie come quella RFID (radio frequency identification), permettono lo scambio di informazioni tra macchine. L’esempio più classico è quello del frigorifero intelligente, in grado di leggere le etichette Rfid presenti sui prodotti al suo interno e ordinare direttamente ciò che manca al supermercato.
Mentre le istituzioni (a livello nazionale ed europeo) stanno occupandosi degli aspetti legali relativi alla protezione dei dati personali degli utenti, la curiosità per le novità che potrebbero arrivare è molto alta – spesso legata a una leggera inquietudine. Anche se alcune previsioni parlando di una crescita del volume d’affari legate agli “oggetti intelligenti” di 2 miliardi il prossimo anno nel nostro paese, per molte innovazioni il tempo di attesa sarà ancora lungo: per gli elettrodomestici che comunicano tra loro (ma comunicheranno con il loro proprietario?) e per le auto senza guidatore probabilmente dovremo aspettare ancora cinque o dieci anni.
La sicurezza di queste tecnologie è stata più volte messa in dubbio, soprattutto perché oggetti come gli elettrodomestici spesso hanno livelli di sicurezza più bassi di computer o smartphone. Casi di violazione di sistemi intelligenti sono già stati registrati (tra questi, un frigorifero usato per inviare messaggi di spam) e per gli utenti è più difficile accorgersi delle avvenute violazioni.
Potrà farci sorridere l’idea di dover leggere e accettare l’informativa sulla privacy quando compriamo un frigorifero ma, ancora una volta, la prima difesa che abbiamo contro frodi, furto di dati e furto di identità è la nostra attenzione. Circondati da un numero sempre maggiore di oggetti connessi, dobbiamo essere consapevoli di quali informazioni condividiamo e con chi. E forse un giorno, per la nostra casa intelligente ci troveremo a installare anche un antivirus!