Benzina “bio”: Vantaggi e svantaggi!

Creato il 15 marzo 2016 da Deboramorano @DeboraMorano

Se da un lato i biocarburanti promettono di ridurre il ricorso al petrolio, dall’altro tolgono preziose risorse alimentari. Infatti, se i campi di grano e soia, mais e canna da zucchero, coltivati per alimentare le auto, fossero usati come cibo, potrebbero sfamare un terzo delle persone malnutrite nel mondo.

A dare l’allarme sull’impatto delle benzine ‘bio’ sulla sicurezza alimentare è un team di ricercatori del Politecnico di Milano. Da quanto emerge dal loro studio, pubblicato sulla rivista Scientific Reports, nel 2013 per i biocombustibili si sono utilizzati il 4% delle terre agricole e il 3% dell’acqua dolce dedicata alla produzione di cibo: un quantitativo di risorse naturali sufficiente a dar da mangiare a 280 milioni di persone, se impiegato per l’agricoltura.

In base ai dati, nel 2013 sono stati bruciati 65 milioni di tonnellate di bioetanolo e 21 milioni di tonnellate di biodiesel a livello globale. Alla loro produzione sono stati destinati 41,3 milioni di ettari di campi e 216 miliardi di metri cubici d’acqua. L’Italia è il quinto consumatore mondiale – dopo Usa, Brasile, Francia e Germania – di biodiesel, cui ha dedicato 1,25 milioni di ettari di terreno e 4,3 miliardi di metri cubici d’acqua. Il bioetanolo italiano ha invece comportato l’uso di 39mila ettari di campi e 229 milioni di metri cubici d’acqua. Il bioetanolo è prodotto dalla fermentazione di canna da zucchero e mais, cui seguono grano, barbabietola da zucchero e sorgo. Le risorse agricole che impiega potrebbero essere usate per coltivare cibo per 200 milioni di persone. Il biodiesel è invece ricavato chimicamente da olio di palma, soia e colza.

Maria Cristina Rulli del Politecnico, tra gli autori dello studio ha dichiarato all’ANSA che a colpire è il fatto che alcune delle materie prime per questi biocarburanti di prima generazione potrebbero essere usate direttamente a scopo alimentare. La ricerca sta andando avanti sui biocombustibili di seconda generazione in cui si usano prodotti secondari, come scarti della produzione agricola e oli esausti, e anche di terza generazione, in cui si impiegano le alghe. Tali soluzioni puntano a diminuire la competizione tra energia e cibo, ma servirà del tempo prima che riescano a produrre la stessa quantità di biocombustibili di prima generazione prodotta oggi.

Se, come si prevede, la produzione di biocombustibili aumentasse fino a rappresentare il 10% di tutti i carburanti usati nel settore dei trasporti, il Pianeta potrebbe rispondere alla domanda alimentare solo di 6,7 miliardi di persone, a fronte di una popolazione mondiale attuale di 7,4 miliardi e destinata a crescere a nove miliardi  entro la metà di questo secolo.

(fonte: http://www.repubblica.it)