Leggere un'opera letteraria che possa dire veramente di sé: "io rappresento la Resistenza".
Questo era l'auspicio di Italo Calvino, un auspicio divenuto realtà leggibile solamente grazie al romanzo di Beppe Fenoglio, Una questione privata.
Pubblicato postumo nel 1963, da Garzanti, a pochi mesi dalla morte dello scrittore di Alba, Una questione privata è la trasfigurazione romanzesca della Resistenza. Pensare che Fenoglio avrebbe voluto dire "basta" alle storie di partigiani, perché cercava di raggiungere la forma letteraria per eccellenza, quella che, a detta sua, non aveva mai saputo afferrare con i precedenti lavori, scrivendo appunto storie troppo reali per farne romanzo. Questo forse avrebbe voluto dire mettere da parte l'esperienza vissuta in prima persona da partigiano, sacrificare la verità dei fatti per una più astratta trama romanzesca e dai toni epici, quelli degli amori cavallereschi.
Dopo Primavera di bellezza e il seguito che ne fu Il partigiano Johnny, Fenoglio avrebbe abbandonato la Resistenza. "E poi basta con i partigiani", disse in un'intervista rilasciata a Pietro Bianchi e pubblicata su Il Giorno, nel 1960. Fenoglio considerava la Resistenza come una tappa obbligata per gli scrittori della sua generazione, ma allo stesso tempo uno dei tanti "temi" possibili, dal quale prima o poi però, bisognava staccarsi.
Con occhio attento al percorso narrativo legato alla Resistenza, che letterariamente va da Uomini e no di Elio Vittorini, passando per Il sentiero dei nidi di ragno di Calvino e ultimo in ordine di pubblicazione L'Agnese va a morire di Renata Viganò, Fenoglio inserisce l'opera definitiva su quello stesso filone fitto di realismo e autobiografia, e ne viene fuori un racconto capace di far legare la cronaca di una guerra alle tempeste interiori del personaggio. Gli anni '50 hanno rappresentato un po' il silenzio sulla Resistenza, vista anche la situazione politica alla luce delle elezioni del 1948 e l'inizio della guerra fredda, e poi c'è da dire che, di scritti sulla Resistenza, se ne contavano già in abbondanza.
Parlare di Una questione privata implica inevitabilmente, un lavoro di ricostruzione degli anni che precedono la scomparsa dello scrittore piemontese, e le uniche informazioni attendibili che si hanno, provengono dagli scambi epistolari intercorsi tra Fenoglio, Garzanti e Calvino. A quest'ultimo si deve infatti il titolo del libro, il cui accenno è nel capitolo XI - "Vengo da Santo Stefano, per una cosa mia privata".
Questa è la voce di Milton, partigiano poco più che ventenne, protagonista del romanzo di Fenoglio. A fare da sfondo le Langhe piemontesi, motore della storia è l'amore di cui Milton vive, pur di sopravvivere alla nebbia e al fango, e ai muri contro i quali si guarda per l'ultima volta. L'amore per Fulvia, una sedicenne scappata da Torino per i bombardamenti, è reso da Fenoglio come fosse salvezza e condanna allo stesso tempo. Lei bella e attraente, lui brutto con la pelle pallidissima e spessa, e le spalle curve. Eppure Milton aveva degli occhi capaci di far esplodere tutta la bellezza della sua anima, e di questo il lettore prende consapevolezza, a poco a poco fino alla conferma ultima e definitiva di un finale che lascia in sospeso.
Milton parte alla ricerca di una verità che potrebbe ucciderlo al solo pensarla "vera". Il tradimento del suo amico Giorgio e un amore distrutto per sempre, portano Milton a dialogare non solo con se stesso, ma con la natura che gli è attorno. Questo è uno degli aspetti più importanti del romanzo, capire come la natura sia complice o nemica a seconda degli stati d'animo del protagonista, legati agli eventi della lotta partigiana e alla sua "questione privata". Ci sono dei passaggi indimenticabili in questo libro, che forse come nessun altro rendono la vita e la morte, così come erano a quei tempi. Un cane che abbaia perché ce l'ha con se stesso, la contadina che offre del pane al partigiano e prega per lui, come fosse il figlio che la morte le aveva strappato via senza pietà. La nebbia nelle Langhe, le colline e i fienili e la paglia dappertutto purché ci sia calore.
Chiudendo il libro ho pensato che si sa così poco della Resistenza, e quel poco che si sa è legato a ciò che si è studiato a scuola. Forse per capire realmente la storia non basta studiarla. Me ne sono resa conto appena ho lasciato l'ultima pagina di questo libro.
La nebbia che non ti fa fare né una cosa né l'altra. Il cielo macchiato di nuvole nerastre, le lacrime di un ragazzino venuto al mondo nel momento sbagliato. Una domanda che torna di continuo, - "quando finirà?" - e una risposta che tarda ad arrivare. Una canzone in inglese che porta i ricordi e il sapore di un amore fanciullesco lontano, "dietro le nuvole". E per finire un crollo a un metro dal muro, del quale nulla è chiaro, o definitivo.