Per il mio soggiorno nella capitale tedesca potevo parlarvi de Il Cielo Sopra Berlino, de La Vita degli Altri, di Goodbye Lenin, film che ho adorato e adoro, film ambientati proprio nella città e film che hanno fulminato ognuno a suo modo il mio percorso attraverso il cinema.
Ma come sempre, i film che si ritiene più belli e più importanti, sono anche quelli più difficili su cui scrivere, e visto che la mole di pellicole girate fuori, dentro e attorno al muro sono davvero un'infinità e un post come quelli fatti per Barcellona, per Amsterdam o per la Corsica non era facile costruirlo, ho deciso di recuperare un altro film, che ancora mancava, che non solo mostra Berlino nei suoi luoghi classici e nei suoi scorci più particolari, ma fa della caratteristica musicale della città il perno del racconto.
C'è poco da fare, soprattutto per chi non ama il genere, Berlino e la musica tecno, quella suonata da dj in estasi e ballata da giovani sudati, sono indivisibili: discoteche aperte 24 ore su 24, party e rave in cui scatenarsi ne fanno la meta ideale per discotecari di classe e non solo.
Farne un film diventa quindi naturale, usando la città, il suo muro, le sue stazioni, le sue discoteche come sfondo.
Il protagonista non poteva che essere un Dj, acclamato dal pubblico e dalla critica, che gira il mondo e le sale con la sua musica, seguito da una fidanzata manager, con un nuovo album da produrre che sembra però fin troppo uguale agli altri, senza una vera essenza.
La crisi produttiva di Martin o di Ickarus finisce per intaccare anche quella sentimentale, trovando nei trip della droga, nel suo potere energetico, rifugio.
Peccato che questa peggiori ulteriormente le cose, portandolo a uno stato di pazzia e di depressione, per cui è necessario -anche se non obbligatorio- il ricovero in una casa di recupero.
Tappare le ali di Ickarus non sarà cosa semplice, e alternando momenti di lucidità compositiva a atti di ribellione e pazzia, il dj faticherà a tornare in equilibrio.
Il racconto procede lentamente, mancando forse i tasti più profondi che potevano essere toccati, soprattutto nei confronti degli altri pazienti della struttura che avrebbero permesso la creazione di quei quadri ospedalieri che tanto funzionano al cinema.
Ma forse non era questo l'obiettivo di Berlin Calling, e lasciando molto spazio alla musica (composta interamente e appositamente da Paul Kalkbrenner, anche incredibile e versatile protagonista) questa ne diventa la vera protagonista, capace di inquadrare Martin, capace di raccontare una città e di fare da perfetto sfondo ai graffiti, ai palazzi, ai luoghi di Berlino.
Diventato un cult nel suo genere, la pellicola dimostra di essere invecchiata non troppo bene, ma di essere rappresentativa di una città in perenne movimento e cambiamento, da cui, già lo so, mi dispiacerà partire.
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