C’e’ un posto a Berlino, si chiama Carlo Giuliani Park. Non c’e’ niente da vedere. Niente da fotografare. Niente da comprare o vendere. E’ semplicemente una parte di città che i cittadini si sono presi.
Le istituzioni a Berlino hanno regalato per anni pezzi di città ad artisti con la speranza che fossero un richiamo per milioni di giovani. Così è stato e adesso che quegli spazi,( che prima non voleva nessuno), hanno un valore commerciale elevato, quegli spazi, le autorità, se li stanno riprendendo.
E’ successo per il Bar25 (se avete un po’ di tempo vi consiglio questo film), è successo per il Tacheles, accadrà, prima o poi, per lo Yaam e purtroppo un giorno, anche al Cassiopeia. Appartamenti ed uffici al posto dei luoghi storici che hanno fatto rinascere questa città.
Niente fotografie o suggerimenti di viaggio in questo post, solo una riflessione su quelle che oggi dovrebbero essere le battaglie. Niente banalizzazioni, soltanto il dispiacere nel veder morire, lentamente, un pezzo di cuore. Un discorso che sposa il mio modo di vedere la vita e di conseguenza influenza il mio modo di comportarmi a casa ed in viaggio.
Quello che segue è il discorso dell’inaugurazione del parco, il 1 maggio 2011.
Se avete tempo e voglia, è una riflessione che ciclicamente mi rileggo per farmi coraggio:
“Questo parco vuole essere uno spazio libero che appartiene alla
gente, vuole essere un luogo di incontro e di rispetto – un parco
lontano dal terrorismo del consumo e del profitto, senza ossessione
della sicurezza e della sorveglianza. Ormai sono pochi i posti a
Berlino dove possiamo trovarci senza dover spendere soldi,
senza essere clienti o sentirci come sulle passerelle. Perchè?
Chi ce li ha fregati i Luoghi? Chi ha rubato la cultura,
il senso della comunitá, della musica e dell‘arte? Chi ha rubato la nostra
cittá? Sono stati e sono i responsabili della privatizzazione e del
commercio, gli strateghi del profitto del mercato libero, gli ingegneri
della grigia quotidianitá.
Vogliamo che il nome di Carlo ci ricordi tutto questo ma che ci faccia
innanzitutto guardare avanti, che ci dia corraggio e forza per lottare
ancora per un altro mondo. Un mondo in cui l‘oppressione, la distruzione
dell‘ambiente, la guerra e la corsa nelle borse delle metropoli siano
storia, una volta per tutte.
Dieci anni fa ci siamo incontrati a Genova con centinaia di migliaia di
persone da tutto il mondo per sbattere in faccia il nostro „NO!“ agli
autonominati rappresentanti del nord globale, i cosidetti „G8“.
Il nostro „NO!“ contro il loro mondo di plastica che rende tutto
merce e che concede alle persone di farne parte soltanto come produttori
di una ricchezza che è per pochissimi. Il nostro „NO!“ verso un
mondo in cui solamente una piccola parte della popolazione ha il
diritto all‘alimentazione, alla formazione e all‘incolumitá fisica e psichica.
Il nostro „NO!“ verso la logica micidiale del capitalismo.
Perché il nostro „NO!“ ci unisce e ci rinforza!
Il nostro „NO!“ attraversa confini, passa di nascosto le dogane, supera le
differenze linguistiche e culturali. Il nostro „NO!“ unisce la parte onesta
e nobile dell‘umanitá e noi sappiamo che questa parte é la maggioranza! Il
nostro „NO!“ non ha bisogno di nessun permesso, di nessun partito e di
nessuna adulazione di una forza maggiore. Perché il nostro „NO!“ é il
semplice „SI!“ per la vita, la collettivitá, perché crediamo nella
solidarietá e nella bellezza – il nostro „NO!“ é il corraggio di una utopia!
Noi ci siamo incontrati a Genova ed eravamo uniti nella speranza e nella
determinazione di lottare per un‘altro mondo. Ispirati dal movimento
zapatista che nel 1994 esclamó che „un‘altro mondo é possibile“. Noi eravamo
protagonisti delle proteste di Seattle e Praga, dei Social Forum Mondiali e
delle nostre lotte locali. A Genova la risposta dei governatori é stata
chiara: hanno bastonato le teste che non sono riusciti a conquistare,
dovevano far tacere le voci clamorose che chiedevano un‘altro mondo. Carlo é
stato ucciso. Migliaia di noi sono stati feriti, arrestati e torturati. A
Bolzaneto, nella Scuola Diaz, nelle questure, nel carcere di Marassi. Noi
non abbiamo dimenticato niente, e siamo ancora qui!
Quel che allora faceva schifo, oggi é ancora piú merdoso. Con velocitá
vertiginosa Loro esportano guerre, catastrofi climatiche e crash di borse: e
purtroppo finora non si è realizzata la nostra speranza che questo sistema
si frantumasse da solo. Una minoranza di esosi criminali ha dichiarato
guerra al resto dell‘umanitá e a tutto il globo. E ora viviamo una ulteriore
catastrofe, quella nucleare, i cui responsabili sono i potenti del mondo.
Guidati dalla mania del profitto lasciano una scia di devastazione che rende
inabitabili intere parti del nostro pianeta.
Se dieci anni fa il nostro „NO!“ era giusto, oggi lo é piú che mai!
Dappertutto si formano resistenze. Dappertutto la gente scende in strada
perché non accetta piú di rimanere sugli spalti della storia che gli sono
stati concessi per „assistere“ allo scempio in atto. La fame di una svolta
sociale e di dignitá c‘é. Noi ci siamo!
“Qualcuno annunciò che opporsi alla globalizzazione era come opporsi alla
legge di gravità. E quindi io dico: abbasso la legge di gravità!”
(Subcomandante Marcos)
Viva la rebellione che dice „NO!“